La compagnia entrò a Hvamsund nella mattinata, rispettando appieno la tabella di marcia. D’altronde Eatfrid era stato assai chiaro: bisognava raggiungere Flutovund il prima possibile, senza perdere tempo prezioso in cittadine che, apparentemente sembravano tranquille, ma che in realtà potevano nascondere insidie dietro ogni angolo. All’inizio Escol non aveva intuito la portata delle parole del mercante, la velata minaccia che esse celavano: più avanti nella giornata però, non poté non rendersene conto. Arrivarono in una locanda isolata, gestita da una donna e suo marito. Reward si era subito sbrigato a portare il grosso carro nelle stalle e a tornare circospetto dai suoi compagni di viaggio. Eatfrid invece aveva avvicinato Escol, dicendogli di sbrigarsi a fare le compere necessarie per il suo gruppo, perché sarebbe voluto ripartire al massimo l’indomani all’alba. Il figlio del Duca lo guardò piuttosto perplesso: sembrava chiaro che il mercante non fosse tranquillo e anche Reward pareva piuttosto agitato. Era come se non si fidassero di qualcuno o qualcosa in quella città, dettaglio assai strano, visto che erano stati accolti dalla locandiera in maniera piuttosto affabile. Anzi, pareva che si conoscessero molto bene e che lui fosse un habitué nella sua locanda. Con una certa ansia, Escol e Hilda andarono dunque a fare rifornimenti di pozioni e altri strumenti utili per il viaggio. Nonostante quello che poteva pensare Eatfrid, il giovane guerriero sapeva che, ostile o non ostile, quella piccola cittadina poteva nascondere oggetti preziosi per il loro gruppo. Soprattutto perché, una volta giunti nel territorio imperiale, probabilmente si sarebbero dovuti far bastare ciò che avrebbero racimolato lungo il tragitto, quindi ogni piccola potenzialità andava sfruttata per intero, vista l’importanza della loro missione. Prima di tutto Escol visitò il Tempio locale, molto simile come struttura a quello scovato per caso nella cittadina precedente. La sacerdotessa del Tempio “Cathedral of the Unkown Moon” , come la sua collega, gli ribadì che sarebbe stato possibile imprimere, in un oggetto adatto allo scopo, uno o più incantesimi di tipo specifico. Tuttavia Escol apprese che questo lavoro avrebbe completamente sballato e di molto i tempi dettati dal mercante. Seppur non troppo convinto di questa soluzione, immaginando che a Flutovund sarebbe stato assai più facile trovare incantatori ed equipaggiamenti, Escol decise di farsi comunque un giro per la città. Non si poteva mai dire: magari qualche artigiano aveva tra le mani oggetti interessanti e di ottima fattura, chi poteva saperlo? In questo caso avrebbe parlato col mercante per rinviare di qualche ora la loro ripartenza. Visitò pertanto la forgia, ove però un nano affabile e gentile, gli confessò che a Hvamsund c’erano ben pochi oggetti di qualità. Avrebbe potuto forgiarne uno per lui, ma ancora una volta i tempi si sarebbero allungati di molto. Pertanto il figlio del Duca lasciò cadere la cosa e visitò solo un altro paio di botteghe, nelle quali riuscì a ricavare poche pozioni di guarigione per lui e i suoi amici. L’unica cosa che ravvivò un pò lo shopping, fu che, per la felicità di Hilda, il giovane guerriero decise di recarsi presso il gioielliere della città, per vedere se avesse tra i suoi oggetti un anello da poter incantare e donare poi alla sua nuova amica mezzelfa. Escol aveva pensato ad un incantamento di invisibilità per l’avvenente maga, così da offrirle una possibilità in più per difendersi in battaglia e per sfruttare meglio le sue abilità e i suoi talenti nel movimento furtivo. Un tale oggetto infatti, l’avrebbe resa uno strumento prezioso per spiare qualcuno o per “mettere dentro il suo bicchiere di vino un potente sonnifero”. Malgrado alcuni ninnoli interessanti, il figlio del Duca preferì però arrivare alla loro mèta finale per equipaggiarsi anche di questi gioielli speciali, visto che Flutovund distava solo pochissimi giorni di cammino. Soprattutto perché il clima generale, in questa città, non gli era parso affatto disteso e ridente come in quelle precedenti. Nemmeno in quelle ove gli Okar erano stati avvistati aveva percepito tanta tensione, sia nei cittadini che aveva incrociato, sia nei negozianti con cui aveva parlato. Lo guardavano tutti con paura e con sospetto. Sempre più perplesso, Escol raggiunse infine la locanda e, insieme con Hilda, poterono consumare finalmente un pasto caldo e di ottima qualità. Nel frattempo Eatfrid aveva preso le stanze per tutti, sfruttando un accordo che evidentemente aveva stipulato con la locandiera già da qualche mese. La confidenza che egli sembrava avere con i proprietari faceva pensare che fosse molto più che un semplice cliente. Forse addirittura un amico. Il figlio del Duca preferì però non approfondire questo argomento, ed altri legati alle sue sensazioni: c’era qualcosa che lo allarmava in quella città, ma preferì tenere per sé i suoi dubbi e passare il resto della giornata tranquillo, nelle sue stanze. Escol rimase infatti in camera fino a sera senza incontrare nessuno, a parte una breve parentesi in cui Hilda si era proposta di aiutarlo a lavarsi, quando lo aveva trovato immerso nella tinozza bollente. Il giovane aveva cordialmente declinato la proposta della prosperosa mezzelfa, preferendo dedicarsi alle sue abluzioni, piuttosto che ad altre fatiche che avrebbero fatto scendere la sua concentrazione. Quindi consumò con gli altri una cena veloce e andò a coricarsi molto presto: il mercante voleva partire alla prime luci dell’alba e lui aveva davvero troppe ore di sonno arretrato. Infatti il giovane guerriero si addormentò quasi subito, sprofondando in un sonno pesante e senza sogni. In piena notte però una voce potente si insinuò a forza dentro la sua testa: una voce che chiamava insistentemente il suo nome. Bloccato tra sonno e realtà, Escol si svegliò di colpo e istintivamente afferrò la spada. Qualcuno stava bussando ferocemente alla sua porta e gridando il suo nome già da diversi secondi! Senza nemmeno vestirsi, Escol aprì di corsa e trovò Reward trafelato e sconvolto. Lo scout gli disse di seguirlo e lo scortò nelle stanze di Eafrid. La camera era letteralmente sottosopra: segno che il mercante aveva lottato contro quelli che evidentemente l’avevano rapito! Infatti dopo una rapida occhiata, che gli permise di ricostruire gli eventi, il figlio del Duca notò una scala di corda, fissata al davanzale, che portava fuori dalla locanda. Qualcuno era entrato nella stanza, aveva sopraffatto il mercante e l’aveva poi trascinato fuori, calandosi dalla finestra. Senza pensarci su due volte, il giovane guerriero ordinò a Reward di svegliare i suoi compagni e di seguirlo in strada. Poi scese giù usando la scala di corda, sperando di trovare lì sotto qualche altro indizio sul percorso che i rapitori di Eatfrid avrebbero potuto fare. Fu fortunato, perché riuscì a notare uno dei gemelli dei polsini del mercante, per terra in uno stretto vicolo adiacente e si gettò a capofitto all’inseguimento. Tuttavia dovette desistere poco più avanti: il viottolo sfogava su una piazza e da lì era davvero impossibile riuscire a ricavare una pista da seguire. Nemmeno Vala e Reward riuscirono a far molto: i rapitori potevano esser andati dappertutto! Furibondo per ciò che era appena successo, Escol ordinò di rientrare nella locanda, ma passando dall’esterno e sfruttando ancora la scala di corda. Il figlio del Duca domandò ad Aemaer se lo aiutasse con l’armatura, poi mandò a chiamare i proprietari della locanda. C’era qualcosa che non gli quadrava in quella storia e voleva ottenere subito delle risposte. Il suo sesto senso l’aveva avvisato di non fidarsi di quella cittadina e di quella gente, ma l’aveva ignorato e questo aveva portato gravi conseguenze a tutti loro. Soprattutto per il povero Eatfrid.