Il viaggio della carovana verso Nesbakkaf durò pochi giorni e anche se Vala e Reward, in testa alla spedizione, erano rimasti sempre all’erta per tutto il tragitto, niente di pericoloso li avvicinò in tutto quel tempo. I nostri eroi varcarono le porte ovest della piccola città durante la mattinata del terzo giorno e, seguendo l’esperto mercante, che conosceva molto bene questi territori e queste città, giunsero in una locanda che, evidentemente, già si aspettava il loro arrivo. Eatfrid Mar Edwas si preoccupò immediatamente di prenotare quattro camere, oltre a reclamare la sua e quella del suo uomo di fiducia già pagate per l’intero anno, ciascuna per ogni avventuriero. Poi invitò tutti a condividere una buona colazione con lui e con Reward Gare al tavolo dei commensali. Escol intuì subito che Nesbakkaf doveva essere soltanto “una città di passaggio” dai pochi avventori che condividevano con loro i tavoli della locanda e quando si alzò, dopo un pasto veloce e scusandosi per la scortesia, ed andò a visitare i negozi disponibili per fare rifornimento, ne ebbe la conferma. Pochissime persone si muovevano infatti per le strade della città e quelle che lo facevano si dirigevano soltanto nei dispacci, in sella a cavalli o accompagnati da piccoli carri mercantili. Scrollando le spalle, il figlio del Duca partì abbastanza sfiduciato nel trovare in questo piccolo borgo qualcosa di davvero interessante, soprattutto dopo l’incredibile oggetto che era riuscito a scovare per Vala nella città precedente. Tuttavia, come spesso avveniva in questi casi, venne smentito dai fatti. Era certamente vero che le botteghe a disposizione non avessero da fornire una varietà mostruosa di oggetti utili alla sua causa, ma trovò un luogo che non aveva mai rinvenuto in nessuna dei centri urbani che aveva visitato fino a quel momento: un mistico e sconosciuto “Tempio incantato”! Esso era evidentemente dedicato ad una figura divina di un ormai perduto passato di Eord, di cui ovviamente Escol non aveva alcuna conoscenza o sentore. Dalle raffigurazioni e dalle scritte sulle pareti, costui era stato un potente e benevolo "Paradine", qualunque cosa questa strana definizione volesse significare. Curioso, Escol si affacciò all’entrata, notando le svettanti colonne in marmo bianco e gli arazzi intricati che ne tappezzavano gli interni. L’aria stessa “friccicava” di magia. I suoi passi echeggiavano in quelle sale vuote ed ampie, che profumavano d’incenso e altri svariati oli aromatici. Una sacerdotessa, vestita di bianco e dal sorriso sincero gli venne incontro chiedendogli se fosse una benedizione quella che cercava in quel luogo sacro e solitario. Escol le sorrise a sua volta, rispondendole che una benedizione sarebbe stata sempre bene accetta, ma che il motivo per cui si era recato lì riguardava cose forse più materiali. La sacerdotessa si fece seria. Quindi Escol andò dritto al punto, chiedendole se magari disponeva di oggetti incantati che avesse voluto vendergli: la sua missione infatti era tanto importante quanto pura e non poteva permettersi il lusso di fallire. Ecco perché aveva bisogno estremo del suo aiuto. La sacerdotessa abbassò lo sguardo, come se stesse riflettendo attentamente sulle sue parole. Poi lo rialzò lentamente, fissandolo in maniera penetrante. I suoi occhi verdi affondarono dentro l’anima di Escol come il coltello faceva col burro. Tuttavia il figlio del Duca accettò quel confronto e sostenne il suo sguardo. Poi la donna annuì, spiegando al giovane adepto dell’Ordine che il suo non era certo un negozio, ma avrebbe potuto forse aiutarlo lo stesso. Lei infatti aveva la capacità di infondere in alcuni oggetti, solo di fattura davvero perfetta, alcuni limitati incantamenti adatti al tipo di materiale con cui erano stati costruiti. Escol ci pensò su, poi mostrò il suo scudo, creato da artigiani elfici e la sua armatura, recentemente acquistata da un esperto forgiatore Nordhmenn. La sacerdotessa saggiò le sofisticate finiture dello scudo e gli snodi perfettamente bilanciati dell’armatura, poi assentì asserendo che avrebbe lavorato alacremente per trovare i giusti incantesimi compatibili per questi oggetti e poi avrebbe fatto il possibile per imprimerli dentro il loro acciaio.Tuttavia, nel suo discorso aleggiava un “ma” grande come una casa, che però Escol si era aspettato venisse fuori da un momento all’altro. Il costo infatti sarebbe stato molto elevato, poiché per aiutarlo ella avrebbe dovuto impiegare molte risorse del “Tempio incantato” e quasi tutte le sue energie. Attraverso le sue cospicue “donazioni”, egli avrebbe però facilmente integrato le une e le altre. Il figlio del Duca non provò nemmeno a contrattare con la “santa donna”, anzi sorrise a questa richiesta: d’altronde, questa era terra di mercanti ed oratori e persino un “Tempio incantato”, qual questo certamente era, non poteva esimersi da queste abitudini estremamente difficili da sradicare. Quindi il giovane guerriero si spogliò dell’armatura e la sistemò su un piccolo altare di marmo, seguendo pedissequamente le istruzioni della sacerdotessa. Poi lasciò lì anche lo scudo e domandò alla matrona quando sarebbe potuto passare per ritirare il suo equipaggiamento. Ella schioccò le labbra, ammiccando e rispose di tornare al tempio nella mattinata del giorno seguente. In questo modo lei avrebbe avuto tempo sufficiente per stilare una lista di incantesimi, tra cui egli avrebbe potuto scegliere quelli che riteneva più indicati per le sue esigenze. Annuendo, Escol si inchinò all’autorità spirituale del “Tempio incantato” e si ritirò. Forse quella piccola città, all’apparenza così insignificante, avrebbe potuto fornirgli il regalo più grande da quando era partito per la sua missione. Scoprendo come al solito che si era fatto tardi, Escol aumentò il passo fino a raggiungere la locanda. Era già abbondantemente ora di pranzo. Quando lo vide, Hilda fu la prima a salutarlo e con entusiasmo ad indicare il posto vicino al suo come quello più adatto per desinare. Il cibo era davvero ottimo, ed Escol, tra una pietanza ed un’altra, ne approfittò per scambiare due chiacchiere con Reward Gare. Il figlio del Duca fu felicemente sorpreso di scoprire che quell’uomo non era affatto una persona comune e nemmeno un semplice scout al soldo di un mercante. Reward si era intromesso con rabbia in un discorso in cui lui aveva nominato Arios e fu così che Escol venne a sapere che egli era stato anni prima nientemeno che una delle sue guardie personali! Lo scout descrisse la "cittadella imperiale" come abbastanza grande da contenere "la metà di questa città”, per dare al suo interlocutore una dimensione della vastità del luogo ove viveva l’imperatore. Si poteva girovagare per giorni senza riuscire nemmeno a intravedere la sua persona. Raccontò poi dell’ “Epurazione”, un giorno per lui davvero infausto, quello che lo portò a lasciare il suo lavoro e la sua posizione “privilegiata” al fianco di Arios. Ad odiarlo oltre ogni umana concezione. Dopo i fatti di quel giorno infatti, molte delle sue guardie imperiali avevano preso a domandarsi dove avrebbero condotto quei comportamenti così brutali e scellerati nei confronti di alleati ed altre razze amichevoli. Tuttavia, non sapeva spiegarsi come, l’imperatore era venuto a conoscenza di questi “pensieri dubbiosi”, perché di questo si stava parlando: “pensieri dubbiosi”. Nessuna cospirazione, nessun complotto, solo alcuni lievi dissapori verso quei deplorevoli comportamenti. A causa di questi “lievi dissapori”, tutto il suo reggimento fu massacrato da Arios e dal suo braccio destro: Athem Bedde! Solo lui ed un altro compagno erano sopravvissuti alla strage, riuscendo per un soffio a scappare. Escol trasalì dopo aver ascoltato quella storia terribile, ma soprattutto dopo aver sentito quel nome. Bedde? Il mandante del suo omicidio? Quello che aveva convinto la “Setta Delle Ombre” a perseguitarlo per ucciderlo? Incuriosito, il figlio del Duca iniziò a tartassare Reward di domande su Bedde, ma egli mise subito le mani avanti: quell’uomo era un vero mistero, poiché nessuno l’aveva mai visto in viso. Egli viaggiava di continuo per tutto Eord, sfruttando le sue innumerevoli identità e i suoi infiniti contatti. In pubblico, quando doveva incontrare l’imperatore, utilizzava una maschera di metallo che lo rendeva impossibile da riconoscere. Era certamente un Nordhmenn e non doveva essere più giovanissimo, ma questo era tutto quello che si sapeva su di lui. Dunque c’era addirittura l’uomo di fiducia dell’imperatore dietro ai tentativi ripetuti degli elfi scuri di farlo fuori! Escol tirò fuori la pergamena trovata nelle tasche di uno dei sicari e la mostrò dunque a Reward. Decise di fidarsi un pò di più di quell’uomo, rivelando la sua vera identità e quindi la portata della sua missione. Fu solo il suo istinto a suggerirgli di fare così: quell’uomo avrebbe potuto rappresentare a tempo debito una risorsa importante. Qualcosa dentro di lui ne era convinto. Reward lo guardò per un breve attimo, stupito per il fatto che quel giovane ragazzo fosse il figlio del Duca Berge in persona. Quando Escol gli spiegò chi erano stati i suoi assalitori, quelli di cui la lettera parlava, lo scout iniziò a preoccuparsi. Tuttavia, il giovane guerriero si affrettò ad aggiungere che il contratto che Bedde aveva stipulato con la “Setta Delle Ombre” era stato sospeso, grazie all'aiuto di un potente mago elfo di nome Eledras. Reward annuì, anche se una strana espressione si manifestò sul suo volto scavato. Egli sentenziò che sembrava davvero pittoresca ed inquietante questa strategia di Bedde, perchè c’erano solo tre persone su tutta Eord di cui Arios rispettava il potere: una era proprio il “Il Maestro Delle Ombre”, l’altro era per l’appunto Eledras e il terzo, misterioso e sconosciuto quanto Bedde stesso, qualcuno che si faceva chiamare “Il Fondatore”. Chissà perché il braccio destro dell’imperatore aveva deciso di utilizzare proprio uno di quei tre personaggi per raggiungere i suoi scopi. Forse esistevano segreti che nemmeno Arios conosceva riguardo Bedde. Chi poteva saperlo? La conversazione perdurò qualche altro minuto, poi Escol decise di andare in camera a ripulirsi un po ' e a dormire un paio d’ore. Vala lo svegliò poco prima dell’imbrunire, dicendogli che Eatfrid avrebbe voluto partire la mattina seguente. Preoccupato di non fare in tempo, visti gli impegni presi con la sacerdotessa del “Tempio incantato”, il figlio del Duca si vestì e raggiunse di nuovo quel luogo sacro. Quivi incontrò la matrona e le espose il suo problema. La santa donna rispose che avrebbe potuto accelerare i tempi, ma la scelta degli incantesimi utili che Escol avrebbe potuto avere, sarebbe stata decisamente più limitata. Non avendo altra scelta, il figlio del Duca accettò quella soluzione. Avrebbe voluto avere più tempo, magari per trovare un elmo ed incantare anch’esso, ma doveva farsi bastare ciò che gli era stato messo a disposizione, per ora. Quindi su quattro incantamenti disponibili, ne scelse due: uno per lo scudo, che avrebbe incrementato permanentemente la sua difesa e uno per la sua armatura, che l’avrebbe protetto con incredibili benefici contro avversari di natura malvagia e caotica. A causa del poco tempo che aveva a disposizione, la sacerdotessa spiegò inoltre che quello che avrebbe infuso nell’armatura si sarebbe attivato solo dopo qualche giorno. La natura complessa dell'incantesimo infatti, richiedeva tempo per assestarsi. Inoltre, esso avrebbe avuto come catalizzatore una gemma, rara e preziosa, che lei avrebbe incastonato sopra il suo pettorale sinistro, all’altezza del cuore. Escol comprese poco della spiegazione della matrona, ma accettò il compromesso e quando il giorno dopo andò a ritirare la sua mercanzia, fu comunque felice del lavoro che la santa donna aveva fatto sulle sue armi. Istintivamente sapeva che quella magia l’avrebbe reso più forte e quindi più sicuro di sé nei mesi a venire. Soddisfatto, pagò e raggiunse i suoi amici: adesso si sentiva davvero pronto ad attraversare la zona più pericolosa del territorio, prima di arrivare a Flutovund!
Capitolo 5 - Il Tempio di Saint LUCISTO's Shrine.
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- Scritto da Jack Warren
- Categoria: Eord
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