La compagnia ci mise un po' a riprendersi dalle recenti fatiche che li aveva portati a rischiare pesantemente la vita nella casa di Azal. Escol si sarebbe aspettato di trovare di tutto in quella costruzione in larga parte diroccata, tranne che essa avesse portato a risolvere il mistero dell'oscuro incantatore di cui aveva appreso l'esistenza a Barakazhdus. Quindi, oltre che dalla stanchezza per aver affrontato in un cruento scontro armato i predoni di Vare, si stavano riprendendo dallo shock tremendo di esser stati minacciati nientemeno che da un Lich. Fortunatamente erano però sopravvissuti e adesso la loro prossima tappa, la città di Stamstanha, si trovava a poche ore di galoppo verso nord est. Il gruppo rimase silenzioso durante il tempo necessario per raggiungerla, ma Hilda trovò ugualmente il modo di colmare quella lacuna, chiacchierando continuamente, senza sosta, fino alle porte della città. I tre cavalieri arrivarono in città in tarda mattinata, piuttosto stanchi ed affamati. La città di Stamstanha non era molto grande, ma godeva di un certo via vai di avventurieri e di mercanti, come se fosse qualcosa di abituale, tanto che i soldati all'entrata non furono affatto zelanti nei i controlli come i loro eguali nelle città che si erano lasciati alle spalle. Non chiesero né i loro nomi, né le motivazioni per cui avessero voluto visitare la città. Anzi, fu Escol a chiedere loro dove avrebbero potuto trovare una locanda accogliente, nella quale poter mangiare e sostare per la notte. Le guardie ai cancelli non esitarono a proporre le due migliori del posto, secondo il loro parere, ed il gruppo optò dunque per quella più vicina. Il clima assai rilassato generò quindi un certo buon umore nei cuori dei nostri eroi. La locanda in questione si chiamava “The Running Mole” ed era in effetti pulita e calda, con non tanti avventori all'interno, ed era gestita da una nano che si dimostrò estremamente affabile. Questa condizione si avverò anche perché Escol gli mostrò subito i sigilli dei principi di Kizad e Barakazhdus, che lo presentavano come vero "amico dei nani". Il proprietario della locanda, che si chiamava Jamich Potmaci, fece dunque preparare subito una sostanziosa colazione per il figlio del Duca e per Aemaer. Vala e Hilda invece, preferirono prima darsi una ripulita in una delle due stanze che Escol aveva prenotato per la notte. Avendo davvero bisogno di riposo, il giovane guerriero riferì alle due fanciulle che avrebbe voluto fare un giro per la città, prima di ritirarsi nella camera che avrebbe condiviso con il Nordhmenn e dormire così d’un fiato fino al giorno dopo, senza interferenze né interruzioni. Pertanto diede istruzioni all’oste di far recapitare la loro colazione direttamente nella camera delle ragazze. Quindi si concentrò nel divorare l'abbondante pasto che il nano gli aveva fatto preparare e poi uscì dalla locanda, accompagnato dall'ombroso guerriero suo fedele compagno di viaggio. I due fecero visita a molti negozi della città, ripristinando prima di tutto le loro razioni di cibo e poi provvedendo all'equipaggiamento piuttosto carente di Hilda. Nonostante ciò che diceva Aemaer su di lei, che non l'avrebbe mai tradito e che sarebbe rimasta per sempre fedele al suo fianco, Escol continuava a non fidarsi completamente della mezzelfa, ma era anche consapevole che se doveva permetterle di accompagnarlo nel suo lungo viaggio, Hilda avrebbe dovuto avere un equipaggiamento quantomeno decente. Da quel che aveva visto infatti, al di là delle sue “borse della magia”, la ragazza non aveva niente. Pertanto il figlio del Duca le comprò uno zaino, un sacco a pelo, una corda, un acciarino e alcuni altri oggetti che le sarebbero stati molto utili. Poi si preoccupò di acquistarle dei vestiti: quelli che aveva erano piuttosto succinti e non molto adatti alla vita all'addiaccio. Una giacca e un pantalone in pelle, in particolare, parevano fatti apposta per lei. Escol mise tutti gli acquisti nello zaino, ringraziò i vari commercianti e si recò soddisfatto a fare scorte di pozioni ed unguenti. Prima di compiere l'ultimo giro, il giovane Berge chiese ad Aemaer di recarsi nella taverna poco distante per cercare di carpire informazioni utili dalle persone del posto. Il gigantesco Nordhmenn grugnì qualcosa ed annuì, poi si allontanò con passi pesanti. Escol scosse la testa mentre lo guardava allontanarsi, chiedendosi se avesse fatto bene a mandare proprio quel bestione di due metri a ciarlare dentro un bettola. Probabilmente qualcuno di troppo arrogante o troppo ubriaco per accorgersene, si sarebbe fatto molto male a discutere con quel burbero Nordhmenn: ci avrebbe scommesso la sua spada elfica! Dopo aver pensato a tutte le altre cose necessarie per il viaggio, Escol si recò infine in una gioielleria e, parlando con il padrone del locale, scoprì che forse questa volta c'era qualcuno in città che aveva oggetti incantati da vendergli. Il giovane guerriero sapeva che fosse altamente improbabile che il gioielliere avesse tra i suoi articoli qualcosa di davvero speciale, quali per esempio anelli o bracciali magici. Tuttavia, era anche consapevole che se non avesse sfruttato la vicinanza territoriale con gli elfi, maestri in questo tipo di misticismo, presto sarebbe diventato davvero inutile fare questa domanda ai negozianti. Stavolta però era stato fortunato: forse un mercante “speciale” c’era e si trovava poco distante da lì. Ringraziando il loquace commerciante, offrendogli un po' di denaro per le preziose informazioni, il figlio del Duca andò a trovare un erborista, il quale gli presentò a sua volta un mercante nano di nome Tainlan Lay. Costui, all'inizio si mostrò riluttante a trattare le sue autentiche meraviglie con degli sconosciuti, ma alla fine decise di fidarsi di Escol. D’altronde tanta, troppa stima il giovane si era guadagnato dai reggenti delle principali città dei nani, affinché lui potesse ignorarlo. Dopo aver appreso le esigenze del giovane guerriero, decise dunque di vendergli, ad un prezzo davvero irrisorio, un oggetto incantato incredibile, che sarebbe stato molto utile a Vala: una mistica maschera che, se indossata, l'avrebbe protetta da alcuni colpi subiti in combattimento.Ringraziandolo per tanta generosità, il figlio del Duca volle ricambiare il suo gesto, vergando, su un foglio di pergamena, un lasciapassare che gli avrebbe dato credito infinito se si fosse trovato all'interno del ducato dei Berge. Il nano lo ringraziò a sua volta di cuore, poi i due si salutarono con calore, ed Escol decise di recarsi nuovamente verso la locanda. Il giovane adepto dell'Ordine non si rese affatto conto di quanto tempo fosse passato, scoprendo solo per caso che era già ora di pranzo. Controllando velocemente nella taverna se Aemaer fosse ancora lì, scoprì che il Nordhmenn se n'era già andato da almeno mezz’ora. Inarcando un sopracciglio, Escol iniziò a temere seriamente per i cittadini di Stamstanha. Fortunatamente lo trovò senza apparenti tracce di sangue addosso, insieme al resto della compagnia, seduto ad un tavolo della locanda in attesa di desinare. Esalando un sospiro di sollievo, il figlio del Duca si unì tosto a loro, accolto dall’impareggiabile sorriso di Hilda e dalla sua immancabile ciarleria. I quattro compagni si confrontarono poi sui prossimi passi da compiere e, dal rapporto che Aemaer aveva fatto sulle vocerie che aveva raccolto nella taverna, il problema più grande per raggiungere Flutovund sembrava sarebbe stato attraversare tutto quel territorio da soli. Procedere in questo modo infatti avrebbe generato due grosse difficoltà: avrebbero dato troppo nell'occhio e avrebbero offerto un bersaglio facile ai predoni che ancora sciamavano liberamente in quei territori. Proprio mentre stavano discutendo su come risolvere quel dilemma, un uomo non più giovanissimo, ma dall’aspetto tosto e risoluto, si avvicinò al loro tavolo con una proposta. Una di quelle davvero interessanti.