La battaglia tra la compagnia e i predoni durò diversi interminabili minuti. Gli avversari di Escol, Vala ed Aemaer, si dimostrarono infatti dei guerrieri davvero esperti. Se ne accorsero immediatamente, dal modo in cui utilizzavano le loro asce a doppio filo e da come chiudevano la loro guardia per difendersi dagli attacchi. Vare era indubbiamente il combattente più abile dei tre, ed Escol stava andando in seria difficoltà. Più il tempo passava e più l’esperienza del capo dei briganti si faceva sentire nella gestione del combattimento. Poi successe qualcosa di davvero inaspettato: trovando un passaggio nella sua difesa, Vare sferrò un preciso attacco al fianco del figlio del Duca, ma l’ascia del predone quasi rimbalzò sulla cotta di maglia del guerriero dell’Ordine. I due avversari si guardarono, entrambi perplessi, ma solo Escol comprese ciò che doveva esser successo. Con la coda dell’occhio, infatti, il giovane Berge notò che Hilda stava pronunciando sommessamente delle parole arcane, rilasciando la sua magia all’interno della stanza. La cosa strana, ma solo fino ad un certo punto vista la sua attuale condizione, era che stava utilizzando le sue arti per proteggere lui e i suoi amici. Vare imprecava contro Escol, ordinandogli di dirgli cosa diavolo avesse fatto per sfuggire al taglio della sua mortale ascia, quale sortilegio avesse mai pescato dal cilindro per renderla improvvisamente inoffensiva. Il figlio del Duca ovviamente non gli rispose, ma continuò ad incalzarlo con la sua spada scintillante. Nel frattempo sia Vala che Aemaer si stavano difendendo come meglio potevano, fortunatamente anche loro coadiuvati dal sostegno mistico della mezzelfa. Tuttavia, proprio quando il combattimento stava volgendo al termine in favore di Escol e dei suoi amici, l’incantesimo di Hilda si spezzò. E si spezzò per un motivo preciso: una magia molto più potente ed oscura della sua si stava materializzando nella stanza, proprio davanti agli occhi esterrefatti di tutti. La mezzelfa iniziò ad urlare in preda al panico! Gridava a squarciagola che “l’Oscurità” li avrebbe presto uccisi tutti! Perfino Vare si fermò a guardarla e fu un attimo di troppo, perché la spada di Escol lo passò da parte a parte senza alcuna pietà! I due si guardarono negli occhi prima che il capo dei briganti si afflosciasse a terra esanime. Tuttavia, proprio in quel momento, come se ci fosse stato bisogno di una vita spezzata per definirne i contorni e renderne chiare le fattezze, uno spaventoso non morto apparve in mezzo alla sala, in tutta la sua terrificante e mostruosa forma. Skjori, che stava combattendo con Vala, terrorizzato da quella vista a dir poco spaventosa, gettò l’ascia e fuggì via urlando. Il non morto disse con voce potente ed echeggiante:”Chi osa disturbare il sonno eterno di “Azal il distruttore”?" Escol trasecolò. Azal? Quell’Azal? Se fosse stato davvero lui, le armi non sarebbero servite a niente. Per la verità, quasi nessuna cosa avrebbe potuto nulla contro quel mostro! Egli si era trasformato in un Lich, un signore dei non morti e questo spiegava gli scheletri in alcune stanze dell’edificio e il senso di assoluta, opprimente angoscia che le permeava. Nessuno rispose a quella domanda ovviamente, che pareva più una provocazione a dire il vero. Poi Azal alzò un dito in direzione di Skjori e pronunciò una singola parola: “...muori…”. Il predone si abbatté immediatamente al suolo privo di vita, come una foglia secca. Escol urlò ai suoi compagni di non fuggire, di rinfoderare subito le armi, ma di non abbandonare per nessuna ragione quella sala. Impanicato per il truce destino toccato ai suoi due compari, anche Anker diede di matto: spostò di peso un imbambolato Aemaer e se la diede a gambe verso il corridoio. Non fu una decisione saggia la sua, poiché la terribile magia oscura del Lich si abbatté anche su di lui, uccidendolo sul posto con una singola parola. Quindi Azal voltò la testa, orribilmente consumata dal passare del tempo, avanzando verso di Escol. Coraggiosamente, il guerriero dell’Ordine provò ad andargli incontro, ma scoprì a sue spese che anche fare un singolo passo era qualcosa di molto difficile. La paura che quella “cosa” instillava nelle menti e nei cuori di chi lo osservava era infatti immensa. Il figlio del Duca provò a scusarsi con Azal per aver profanato la sua casa, non era stata sua intenzione, ma gli uomini che adesso giacevano morti avevano sottratto delle cose molto importanti e, seguendoli per riaverle, erano finiti qui. Escol stava cercando di prendere tempo per formulare un piano nella sua mente per tirare lui e i suoi amici fuori da quel gigantesco pasticcio, ma nella stanza si sentivano solo i lamenti strozzati della mezzelfa, mentre Azal non proferiva parola. Quando il Lich fu a pochi metri da lui, lo fulminò con lo sguardo e con ferocia sentenziò: “Non mi interessano le vostre vili faccende, umani. Qualcuno mi ha risvegliato dal mio sonno eterno, ed ora vi ucciderò tutti.” Azal alzò una mano e si preparò a scagliare la sua mortale maledizione sul giovane Nordhmenn. Tuttavia le sorprese non erano finite quel giorno e per fortuna nemmeno la missione di Escol. Quattro figure impalpabili, ma visibili, si materializzarono d’incanto nella stanza, obbligando il Lich a guardarle. Come se stessero comunicando mentalmente tra due piani diversi d’esistenza, alla fine indussero Azal ad abbassare la mano. Furioso, il non morto commentò ad alta voce che avrebbe permesso a quei mortali di andare via dalla sua casa, vivi, ma prima di sparire, sottolineò a quegli ectoplasmi che ora gli era stata restituita una forma fisica e che loro non sarebbero riusciti a trattenerlo per sempre. Qualunque cosa queste oscure e stridenti parole, quasi dolorose per gli orecchi dei mortali, avessero voluto significare, Azal se ne andò, lasciando la compagnia sfinita e mentalmente provata oltre ogni immaginazione. Escol rammentava bene la storia di Azal e dei quattro membri dell’Ordine che l’avevano affrontato, sparendo per sempre dal piano mortale insieme all’oscuro incantatore. Adesso aveva perlomeno intuito cosa fosse successo tra loro e cosa fosse l’edificio diroccato dove erano finiti. Esso era la sua casa! Dopo aver ripreso fiato, il figlio del Duca andò dall’implorante mezzelfa. La perquisì e trovò dentro un sacchetto legato al suo fianco il gioiello di Enwel. Chiudendo gli occhi, quasi avesse recuperato una parte di sé, il giovane guerriero sospirò per la soddisfazione. Mentre Aemaer tagliava le teste dei suoi nemici, impalandole a mò di trofei sulle pareti, Escol offrì dieci secondi di tempo alla mezzelfa per provare ad aver salva la vita: questo solo perché era sicuro che lei li aveva protetti con la sua magia nel combattimento con Vare e i suoi compagni. Hilda giurò e spergiurò di esser stata costretta ad obbedire agli ordini del suo padrone e che aveva fatto il possibile per non permettere che le loro asce si bagnassero del loro sangue in quella radura. Inoltre aveva sottratto il ciondolo dal suo collo per evitare che un oggetto simile, di tale rara bellezza e che lei aveva ben riconosciuto, potesse finire venduto a chissà chi e chissà dove. Insomma, la maga provò a spiegarsi con il figlio del Duca, ma fu la persona meno probabile in quella stanza che lo convinse a lasciarla vivere. Aemaer infatti, conosceva molto bene le usanze dei RInnegati Nordhmenn. Hilda aveva subito ogni forma di vessazione, psicologica e fisica, da parte del suo padrone. La schiavitù oggi era abolita presso i clan, ma un tempo era considerata normale e probabilmente era ancora praticata presso i gruppi dissidenti come quello di Vare. Quindi egli comprendeva i suoi comportamenti, figli della paura e della coercizione. Escol accettò la spiegazione del compagno e liberò la mezzelfa. Le disse che era libera di andare, ma Hilda lo implorò di prenderla con sé. Gli sarebbe stata molto utile e sarebbe diventata sua schiava se avesse voluto. Scuotendo la testa avvilito, il figlio del Duca attese che i suoi amici finissero di riprendersi e di curarsi, quindi uscì finalmente con loro e la loro ospite dalla casa di Azal. Volle parlare con i suoi compagni riguardo questa possibilità, ricevendo pareri contrastanti. Aemaer era favorevole, tutto sommato, ad accettarla nel gruppo, mentre Vala sembrava giustamente un pò diffidente. Secondo la veterana infatti, Hilda avrebbe detto qualunque cosa pur di salvarsi la vita ed unirsi al loro gruppo. Da sola come avrebbe potuto sperare di sopravvivere? La storia del ciondolo, quella che l’aveva vista prenderlo per sottrarlo alle attenzioni del suo capo, poteva essere solo una farsa, un tentativo di mistificare la realtà. Magari l’aveva rubato lei senza nemmeno che Vare l’avesse notato. Insomma, era quantomeno difficile credere che una maga, abile come lo era lei, fosse così succube di qualcuno. La sera prima aveva addormentato tutti con i suoi intrugli. Possibile che non ne fosse esistito nessuno, da esercitare su Vare e la sua cricca, che fosse riuscito ad aiutarla ad avere una vita più onorevole e meno disdicevole di quella? Escol annuì. Decise dunque di portarla con loro, ma di tenere gli occhi decisamente aperti. C’era qualcosa in lei che non gli piaceva e che evidentemente non piaceva nemmeno a Vala.