Escol, Vala ed Aemaer, si avvicinarono all’enorme complesso semidiroccato e si domandarono come diavolo una struttura grande come quella fosse rimasta nascosta da sguardi indiscreti per così tanti anni. A giudicare dalla condizione dell’edificio infatti, esso sembrava antico. Parecchio antico. Tuttavia, la veterana, impaziente di fargliela pagare ai predoni che le avevano tolto ogni cosa, invitò i suoi amici a procedere senza indugiare oltre, sottolineando come esso non era poi sfuggito proprio a tutti. Qualcuno evidentemente l’aveva scovato e l’aveva reso la propria tana, sicuramente da molto tempo. Aemaer ovviamente non aveva paura di seguirla, ma osservando il maniero con bieco cipiglio, sussurrò come avvertisse una brutta sensazione quando poneva il suo sguardo su di esso. Una sensazione che gli evocava pensieri oscuri e maligni, di morte e magia. Aggrottando le sopracciglia alle parole nefaste del Nordhmenn, Escol strinse di più la sua spada incantata e con coraggio varcò per primo l’entrata. Un piccolo cortile interno apriva ad un portone di legno, rovinato ma intatto. Esso per fortuna non era chiuso a chiave e, scivolando all’interno, la compagnia iniziò dunque e con estrema cautela l’esplorazione della struttura. Anche perchè il solo Escol era armato. Già nella stanza d’entrata, Vala rinvenne alcune scritte all’apparenza senza senso e quindi molto strane, accompagnate da un passaggio segreto, nascosto sotto una pedana di legno, che, grazie ai suoi talenti, riuscì a svelare. La compagnia decise di controllare gli ambienti “visibili”, prima di gettarsi a capofitto in quelli “nascosti” e probabilmente più pericolosi. L’obiettivo era chiaro: recuperare armi ed equipaggiamenti, ed uscire il prima possibile da quell’edificio quasi asfissiante per l’angoscia che riusciva ad instillare nei loro cuori. Le spoglie sale si avvicendavano l’una dopo l’altra, molto simili nella forma e nella struttura, quasi tutte vuote e costruite in solida roccia. Escol comprese che Vare aveva stabilito come deposito per le proprie razzie più di una stanza e durante l’esplorazione i tre amici riuscirono ad accaparrarsi molte ricchezze, tra ori e preziosi, sottratte a chissà quanti viandanti come loro. Tuttavia c’era qualcosa di strano in ognuna di esse, come un’aura antica di male autentico, che Escol dubitava fortemente potesse dipendere da Vare e la sua cricca. Alcune stanze però, a dire il vero piuttosto pericolose, erano certamente state adattate agli scopi dei predoni rinnegati, come le due nelle quali erano state ammucchiate le loro armi e i loro equipaggiamenti. Nella prima, quattro enormi scorpioni giganti erano stati addestrati da Hilda a proteggere il bottino, mentre nella seconda una pericolosa trappola difendeva anni di razzie perpetrate impunemente nel territorio. Una volta recuperati i loro averi, Aemaer suggerì ad Escol di uscire e anche velocemente di lì, ma il giovane guerriero non ci pensava proprio: il gioiello di Enwel era ancora nelle loro sudice mani e lui non avrebbe avuto pace finché non l’avesse recuperato. Nonostante il disagio, sia Vala che Aemaer annuirono e rimasero al fianco del figlio del Duca. Man mano che procedevano avanti, la sensazione di essere in costante pericolo non scemava affatto, anzi aumentava, soprattutto quando la compagnia iniziò ad inoltrarsi nelle parti apparentemente non esplorate nemmeno dai predoni. Avevano evitato alcune trappole, combattuto qualche animale esotico controllato mentalmente forse dalla maledetta maga, ma il senso di angoscia che i tre amici provavano costantemente, non dipendeva dai trabocchetti o dalle sentinelle che Vare aveva messo a difesa del suo covo. Ne ebbero ulteriore riprova quando trovarono degli ambienti con degli strani simboli geometrici dipinti sui muri e uno in particolare che aveva affisse al muro quattro maschere demoniache, che avevano il potere di evocare immagini di creature antiche e malvagie nella mente di Escol. Il figlio del Duca provò a lavarle via con il fuoco, pensando che avrebbe aiutato tutti a non lasciarsi suggestionare dalle proprie emozioni, ma invano. L’ansia e la paura permanevano, costanti. Quando poi si trovarono faccia a faccia con dei non morti, per ben due volte, un’ondata di terrore pervase le loro membra e i loro cuori. Escol infatti dubitava che Hilda potesse esser stata in grado di evocare creature del genere. E allora chi poteva averlo fatto? Chi abitava in segreto quel luogo corrotto e maledetto? Solo grazie alla spada incantata del giovane adepto dell’Ordine i terribili nemici sovrannaturali furono abbattuti, ma questo apriva degli scenari inquietanti su quel posto e sui loro nemici. E se quello non fosse stato un semplice rifugio, ma il covo di qualche mago malvagio e potente? Come avrebbero fatto a sopraffare i predoni e insieme l’oscuro incantatore che essi servivano? Davvero valeva la pena di rischiare la propria vita per sperare di recuperare il dono di Enwel? Dopo ore di esplorazione, Vala si avvicinò ad Eescol, sostenendo che la costruzione era stata svelata quasi tutta, tranne un passaggio a sud e un paio di stanze a nord. Nei suoi occhi imploranti, il figlio del Duca lesse chiaramente una silenziosa richiesta di invito alla ragione. Tuttavia Escol rimaneva irremovibile su questo punto: se qualcuno avesse voluto attenderlo fuori, egli avrebbe capito, ma lui sarebbe andato fino in fondo. Alla fine, ai suoi amici non restò che accompagnarlo, ma prima si accertarono che le proprie ferite fossero state risanate, grazie alla fornitura di unguenti e pozioni, di cui avevano fatto incetta nelle città che avevano visitato. Dopodiché il figlio del Duca ordinò di seguire il condotto a sud. Qui, dopo aver sollevato una grossa grata di legno e percorso un lungo corridoio, Escol e i suoi compagni arrivarono in un’altra ampia stanza, ove finalmente trovarono i predoni che tanto avevano cercato! La cosa che da subito apparve assai strana, fu che Hilda pareva prigioniera di Vare, legata mani e piedi in un angolo della spaziosa ma spoglia sala in pietra. Sembrava come se la giovane mezzelfa fosse terrorizzata per qualcosa di invisibile che la faceva urlare di paura. Implorava Vare di andare via da quel maniero, che si erano spinti troppo oltre questa volta e che stavano rischiando la vita ogni secondo che sarebbero rimasti lì. Tuttavia Vare non cedeva alle suppliche della sua serva, anzi pensava che la mezzelfa gli nascondesse qualcosa: qualche segreto che evidentemente non voleva condividere con lui, ma i suoi pensieri complottisti vennero interrotti bruscamente quando Escol sfoderò la sua spada brillante e lo aggredì senza nemmeno dargli il tempo di stupirsi della sua presenza. I suoi compari si unirono alla pugna e subito iniziò una battaglia feroce per la vita e per la morte di entrambe le compagini. Tuttavia nessuno poteva immaginare che qualcosa di molto peggio stava per capitare a tutti loro. Qualcosa di oscuro e terribile come la natura stessa del male.