Escol dovette riconoscerlo: viaggiare a cavallo era tutta un’altra cosa! Ora che la minaccia della “fratellanza Ombra” si era momentaneamente interrotta, dormire all’addiaccio sembrava quasi piacevole. Quattro giorni di cammino, senza nemmeno spingere i destrieri al limite, erano passati in un lampo e la compagnia era entrata già da qualche ora nel territorio degli Agdeson. Mancava un giorno di marcia, forse due alla città di Stamstanha, loro prossima tappa e il figlio del Duca era di particolare buon umore. Mentre si apprestavano ad accamparsi per la sera, un fatto curioso si verificò nei pressi della vicina macchia di alberi. Un gufo di media taglia li stava osservando curioso, appollaiato su un ramo poco distante. Escol lo fece notare a Vala che suggerì al giovane guerriero di non lasciarsi incuriosire da quello strano animale e di continuare per la loro strada. Non conveniva infatti lasciare il sentiero, visto quanto poco mancava mèta. Escol annuì, ma poco prima di spronare oltre il cavallo, il gufo spiccò il volo e planò dolcemente verso di lui, fino ad atterrare delicatamente sulla sua spalla. Dopo qualche attimo di comprensibile stupore, il grosso rapace riprese a volare, questa volta però infilandosi tra gli alberi e sparendo alla loro vista. Quasi volesse spingere Escol a seguirlo, lo strano uccello svolazzò tra i rami più bassi del bosco, come se stesse attendendo il suo arrivo. Quando il figlio del Duca mise alla prova questa sua sensazione, avvicinandosi nuovamente al gufo, ebbe parziale conferma dei suoi sospetti: quell’animale era stato certamente addomesticato! Ma da chi? E per quale scopo? Il rapace girava la testa solo nella sua direzione, in maniera buffa, tipica di quei volatili e questo fatto non poteva essere certamente casuale. Vala consigliò al suo amico di utilizzare cautela in questi casi: le strade erano piene di gaglioffi, ladri e lestofanti.Non valeva la pena andarsi a ficcare in un guaio se si poteva evitare. Meglio lasciar stare e procedere verso la prossima città. Eppure, quasi ipnotizzato dalle suggestive movenze di quel gufo, Escol decise invece di seguirlo e il suo volo selvaggio fece deragliare la compagnia verso sud di diverse miglia. Dopo circa un paio d’ore, quando la luna era assai alta nel cielo e si sentivano solo i brontolii dello stomaco di Aemaer, l’animale finalmente si fermò, sparendo in una radura poco distante. Da sopra il cavallo si poteva intravedere solo un piccolo falò e alcune persone che sembravano conversare al calore del fuoco. Quindi Escol smontò dal suo destriero e domandò a Vala e ad Aemaer di nascondere bene le loro cavalcature prima di raggiungerlo nella radura. Poi si nascose dietro alcuni alberi per origliare i loro discorsi. Da quel che riusciva a capire, quegli uomini stavano parlando proprio di loro e di quanto fosse pericoloso vagare per quelle terre per via degli Okar. Proprio mentre stavano decidendo se mandare qualcuno del loro gruppo a prenderli oppure no, Escol uscì dalla macchia, ed entrò con passo deciso nell’ampio spiazzo erboso che si apriva davanti a lui. Il giovane Nordhmenn si scusò per l’intrusione, ma gli era parso che il gufo che l’aveva puntato, l’avesse fatto quasi intenzionalmente. Il loro capo, che disse di chiamarsi Vare del clan Nordhmenn degli Orsvia, annuì e rispose che quell’animale faceva la guardia sulle strade, per evitare che innocenti viandanti come loro venissero aggrediti ed uccisi dagli Okar. I suoi due compagni si chiamavano Skjori e Anker e rimasero silenziosi in disparte. La donna invece, che aveva le orecchie a punta, ma che era formosa e voluttuosa come una donna umana, gli sorrise, avallando le parole del suo capo. Era certamente una mezzelfa, razza che Escol non aveva mai visto, e, cosa assai strana, venne presentata da Vare come la sua serva personale. Tutti gli uomini erano certamente degli esperti guerrieri, anche se il loro capo sembrava possedere abilità variegate, tra cui la ricchezza che non nascose affatto di possedere. La ragazza invece venne presentata come una maga, mentre dava da mangiare al suo gufo prima di rispedirlo sulla strada maestra. Escol pensò seriamente che una persona con le sue abilità potesse essere di enorme aiuto alla sua causa, pertanto attese che Vala e Aemaer lo raggiungessero per unirsi al loro falò e scambiare ancora quattro chiacchiere con quelle persone. Quando il suo grosso amico Nordhmenn arrivò nella radura, sembrò piuttosto diffidente riguardo l’accento di quelle persone, un pò strano per appartenere al clan di cui avevano parlato provenissero tutti. Tuttavia il figlio del Duca non volle risultare scortese, ed invitò Aemaer a rilassarsi e a raggiungerlo attorno al fuoco. La donna, di nome Hilda Jornidotr, ammiccava più volte nella sua direzione, dettaglio che Escol notò quasi subito, ma decise di tenerlo per sé. Era una donna di grande bellezza, delicata come quella degli elfi, ma anche provocante, quasi esplosiva, come quella delle donne umane. Ogni tanto l’occhio del figlio del Duca cadeva sulle sue forme sinuose e prosperose, ma il guerriero dell’Ordine riuscì comunque a condurre perfettamente una conversazione con Vare. senza distrarsi troppo. Egli sosteneva di essere a capo di questo gruppo di mercenari, assoldato dalla Famiglia Agdeson per ripulire le loro terre dagli Okar vaganti. La paga, disse, era molto buona e loro erano appena tornati da un raid poco distante dalla città di Vayrika. Escol annuì, sostenendo che, in effetti, da quelle parti stavano girando parecchie bande e che era una fortuna che loro, ed altre ronde, si stavano occupando del problema. Il figlio del Duca poi spostò l’argomento sulla maga mezzelfa, domandando al suo padrone, per l’appunto, se volesse accettare che lui lo pagasse per ottenere momentaneamente i suoi servigi. Affermò con decisione infatti, che anche lui non stava attraversando senza mèta quelle terre, ma che era diretto verso est per svolgere una missione importante e che l’aiuto di un mago sarebbe stato molto utile alla sua causa. Indicò quindi Hilda che restituì lo sguardo, civettuola. Tuttavia Vare dovette declinare l’invito del suo ospite nel condividere le forze a disposizione: ribadì di essere al soldo della famiglia Agdeson e che perdere una risorsa così preziosa come la sua serva, non avrebbe giovato affatto agli affari. Escol, ovviamente, comprese le motivazioni addotte dal capo dei mercenari, ed allargò le braccia in maniera eloquente, come a comunicargli che “ci aveva provato”. Vare liquidò quell’argomento con una grassa risata e con l’augurio di rivedersi ancora un giorno, ma prima di separare le loro strade, invitò i suoi ospiti a condividere un ultimo pasto con loro. La compagnia acconsentì e Hilda si accinse a preparare subito uno stufato di cacciagione fresca. Tutti mangiarono avidamente, ed Escol si propose di fare il primo turno di guardia, visto che un agguato da parte degli Okar sarebbe stato comunque possibile in quella radura così ampia ed aperta. Tutti gli altri, compreso Vare, si avvicinarono il più possibile al fuoco e si misero a dormire. Escol iniziò volutamente a camminare per il campo: dopo mangiato infatti gli calò una stanchezza quasi innaturale, ma si forzò a rimanere desto per tenere sott’occhio i suoi amici e i suoi ospiti. Non fu facile, ma il figlio del Duca tenne duro e riuscì nell’impresa. La provocante mezzelfa aveva provato a fargli delle avances nel mentre, regalandogli sorrisi malandrini mentre si infilava nel suo sacco a pelo, ma Escol fece finta di niente, visto quello che era successo l’ultima volta che era rimasto solo con un’elfa in una radura. Dopo un paio d’ore, il giovane guerriero andò a svegliare Vare che lo sostituì come sentinella. Devastato dal torpore in cui era sprofondato, Escol si mise sotto la sua coperta e cadde subito in un sonno profondo. Quando si risvegliò era talmente confuso, che la voce di Vala che cercava di fargli riaprire gli occhi gli pareva ovattata e rimbombante. Il figlio del Duca ci mise un pò a mettere a fuoco lil suo volto distorto dalla rabbia. Grattandosi la testa spaesato, si tirò su a fatica. Vare e il resto della compagnia di mercenari era sparito, così come il loro intero equipaggiamento! Cibo, pozioni, denaro ed armi. Tutto andato! Non solo, ma anche il ciondolo di Enwel gli era stato sottratto! L’unico oggetto che era stato evidentemente preso, ma poi abbandonato da quei vili ladruncoli, era l’antica spada della famiglia Nelothien. Era stata sguainata, ma per qualche motivo poi gettata a terra, come se fosse priva di valore o perché ritenuta troppo pericolosa. Escol non riusciva a capire la ragione di un gesto del genere, visto il valore di quell’arma, ma immaginava che avesse a che fare con ciò che Nelothien in persona gli aveva detto alcuni giorni prima: “prendi la mia spada, ti aiuterà a compiere la tua missione…essa sarà legata a te e solo a te, giovane Nordhmenn…” Escol si chinò a raccoglierla. Sussurrando il nome di Enwel, rimase a vederla splendere di baluginii argentini. Poi andò a recuperare il fodero poco distante e tornò ad addormentarla, infilandola nella sua custodia. Dunque si voltò e invitò Vala a tornare in sé. La giovane mercenaria sbraitava ed imprecava, ma non avrebbero risolto nulla se avesse continuato a comportarsi in quel modo. Pertanto il figlio del Duca prese in mano la situazione, ordinando alla sua amica di cercare subito una pista da seguire e ad Aemaer di andare a prendere i cavalli. Era l’alba e quegli infami mascalzoni non potevano essere andati troppo lontano con poche ore di vantaggio, ma dovevano muoversi subito! Solo all’idea che qualcuno potesse tenere in mano il gioiello di Enwel lo faceva inorridire e insieme arrabbiare oltre misura. Tuttavia era stata colpa sua: non avrebbe dovuto fidarsi di quelle persone, Vala l’aveva avvertito più volte del pericolo. Montando a cavallo, i tre amici seguirono la ranger, che con perizia e abilità fuori dal comune, dopo un paio d’ore che parvero interminabili, li scortò innanzi ad una costruzione semi diroccata: certamente il covo dei ladri, in base alle tracce che aveva sapientemente seguito. Smontando da cavallo, i tre amici si apprestarono adessoad entrare nell’edificio e a fargliela pagare cara a quegli imbroglioni privi di onore!