Il viaggio durò diversi logoranti giorni: muoversi a piedi per quel territorio, a tratti erto e sconnesso e a tratti boschivo e particolarmente compatto, era stato sfiancante, ed insieme impegnativo. Aveva garantito maggiore copertura, questo era forse vero, ma viaggiare a cavallo sarebbe stata davvero un’altra cosa. Escol ne aveva parlato con i suoi amici e insieme avevano stabilito che se davvero non fossero stati più aggrediti dagli elfi scuri lungo il tragitto per la città di Veroyrika, avrebbero fatto il possibile in futuro per procurarsi dei mezzi di locomozione più pratici e veloci. In ogni caso il viaggio passò tranquillo e senza particolari preoccupazioni, finché la compagnia arrivò finalmente alle mura della città. Purtroppo però qualcosa qui non andava: il figlio del Duca se ne accorse immediatamente. Le porte infatti erano chiuse, sbarrate, come se la città fosse pronta a dover reggere un assedio. Una voce potente ed imperiosa si affacciò poi dalle alte guglie soprastanti, intimando immediatamente l’alt alla compagnia. Escol ed i suoi amici obbedirono. Quindi la voce domandò le loro generalità ed il motivo di quella visita. Considerando che si trattava di una città Nordhmenn e più precisamente appartenente alla casata dei Modhi, il figlio del Duca decise di presentarsi con le proprie generalità. D’altronde, una città più amica di quella non poteva certo sperare di trovarla durante il suo cammino! Il soldato dunque apprese il suo nome e quello dei suoi compagni e anche dell’amicizia che legava quel gruppo di persone al principe Andor. Avvertì che si sarebbe allontanato qualche minuto per fare rapporto, ma poi si affrettò a tornare da loro e a concedere subito il permesso di entrare in città. Un drappello di soldati quindi scortò Escol, Vala ed Aemaer, nella parte nord di Veroyrika, ove stanziava il palazzo del governatore e conte Thorli Hagbison. Egli accolse il giovane guerriero con tutti gli onori, spiegando che attendeva da giorni il suo arrivo. Si era aspettato però che Escol si fosse presentato con un altro nome e questo aveva creato un pò di confusione generale. Niente di importante però. Si affrettò quindi ad invitare i suoi nuovi ospiti alla sua tavola e ad offrire loro riparo per la notte. Aggiunse che Andor gli aveva ordinato di esaudire ogni loro richiesta, per quanto fosse per lui possibile esaudirla e di offrire ogni tipo di assistenza al giovane Berge per tutto il tempo che avesse deciso di rimanere in città. Quando fu sicuro che i suoi ospiti fossero sazi e finalmente un pò più rilassati, si scusò per i suoi modi forse un po' bruschi, ma spiegò che per il momento doveva far a meno della loro gradita compagnia. Escol domandò il perchè e se il motivo fosse collegato al fatto che la città sembrava rispondere ad una procedura militare di difesa da eventuali invasori. Il conte annuì spiegando che erano stati avvistati molti Okar da quelle parti: bande di sbandati sfuggiti al massacro della grande e recente battaglia tra l’Orda e le forze dell’Alleanza. Per quanto non potesse considerarli un pericolo davvero serio per la sua città, egli aveva comunque la responsabilità di occuparsene personalmente e in maniera professionale. Escol annuì, apprezzando l’atteggiamento da vero leader di quell’uomo, tanto che gli propose di andare con lui, offrendo di aggiungere anche la sua spada a quelle dei suoi soldati. Thorli gli sorrise e lo ringraziò per la coraggiosa proposta, tuttavia lo invitò a riposare adesso, dopo che aveva affrontato un viaggio così lungo ed estenuante. Quindi sparì a grandi passi, lasciando la compagnia da sola nell’ampia sala da pranzo. L’intera costruzione era in generale piuttosto spaziosa e munita di ricchi particolari, a tratti addirittura sfarzosa. Tuttavia era quasi vuota rispetto a quante persone Escol si era immaginato ci vivessero dentro. Il maggiordomo si prodigò poi a garantire loro tre stanze adiacenti, fornite di ogni confort, tanto che Escol poté perfino riuscire a fare un bagno caldo prima di coricarsi. Il figlio del Duca non riusciva a credere che poteva finalmente lavarsi di dosso tutto il sudiciume di settimane di viaggio e si godé per quasi un’ora il tepore dell’acqua calda sulla pelle. Poi si cambiò e si mise a letto, ma tenendo sempre il suo fedele spadone vicino a sé: le vecchie e sane abitudini non morivano mai. L’indomani mattina all’alba si destò, fresco come una rosa, ringraziando silenziosamente l’incredibile comodità dei letti di questa enorme casa padronale. Poi si equipaggiò e infine andò a svegliare Vala. La guardaboschi era già pronta quando il suo amico aveva bussato alla sua porta, ma questo non si poteva dire certo del loro corpulento compagno. Il gigantesco Nordhmenn infatti dormiva ancora della grossa, russando talmente forte da sembrare un cinghiale infuriato. Chiudendo la porta alle sue spalle, Escol invitò Vala ad andare: meglio lasciar dormire Aemaer, ed evitare di innervosirlo inutilmente. Scendendo al piano di sotto, i due compagni incontrarono di nuovo il conte, che spiegò che la sera prima fortunatamente era stato solo un fuoco di paglia e che non c’era stato nessun pericolo, né per lui e né per i suoi uomini. Consegnò poi una busta chiusa nelle mani di Escol. Il figlio del Duca l’aprì subito e all'interno rivelò una pergamena, con su impresso il sigillo della casata Mohdi. Il foglio, vergato con tratto elegante e sicuro, imponeva agli eventuali commercianti, che la compagnia avesse visitato in città, di mettere in conto le spese compiute dal “giovane Duca” Escol Berge a carico del palazzo del governatore. Il guerriero dell’Ordine ringraziò di cuore il conte per tanta generosità, ma egli sottolineò che avrebbe dovuto ringraziare il principe Andor, ed il casato dei Mohdi per quel gesto e non lui. Escol sorrise ed annuì, poi si riversò in strada ed iniziò a muoversi agilmente insieme a Vala per i vari negozi della città. Aveva diverse compere da fare: doveva ripristinare le razioni da viaggio, del tutto terminate per l’intera compagnia, acquistare una nuova armatura, visto che la sua cadeva praticamente a pezzi e se possibile rifornirsi di qualche altra pozione alchemica interessante. Pertanto visitò diversi negozi, tra cui un’ erboristeria, un negozio alchemico e un emporio, strappando comunque il prezzo migliore possibile per i loro articoli. Escol decise inoltre che era venuto il momento di sostituire la sua cotta di maglia, arrivata ormai ben oltre ogni limite della decenza, avendone trovata una di davvero pregevole fattura. Anche in questo caso trattò con il commerciante per spuntare un buon prezzo e alla fine si ritenne soddisfatto della transazione. Poi saldò il conto con il foglio che il conte gli aveva donato, ma per decenza decise di partecipare, pagando perlomeno una parte di tasca sua. Dopo essersi rifornito di cibo, pozioni ed armature, Escol si fermò solo un attimo ad un forno per comprare dei biscotti per il suo goloso amico Aemaer. Quindi lui e Vala tornarono a palazzo, dove poterono pranzare e riposarsi tutto il pomeriggio, Alla sera, Escol e Vala ne approfittarono per passeggiare per i giardini della tenuta e scambiare due chiacchiere in pace. Poi si ritirarono per la cena e finalmente l’indomani ripresero il loro viaggio verso la successiva città di Stamstanha, nel ducato degli Agdeson. Prima di partire però, Escol volle offrire al conte i suoi più sinceri ringraziamenti, per la calda accoglienza e soprattutto per l’impagabile assistenza. Era infatti vero che Andor aveva dato precise disposizioni in merito, ma era anche innegabilmente certo, che in una situazione di pericolo come quella, con gli Okar alle porte della città, il conte avrebbe potuto anche fare solo lo stretto necessario, invece che pensare anche al superfluo, per quegli stranieri piombati all’improvviso nella sua casa. Di questo il figlio del Duca gliene sarebbe stato sempre grato e ne avrebbe certamente parlato ad Andor, sottolineando la sua gentilezza e disponibilità. Il conte lo ringraziò per le sue parole e poi gli assegnò tre ottimi cavalli per proseguire il loro viaggio. Con tre destrieri come quelli, avrebbero ridotto di due terzi la durata dei loro spostamenti e avrebbero potuto evitare più facilmente eventuali bande di Okar sparse sul territorio. Con il pericolo degli elfi scuri ormai alle loro spalle, Escol accettò di buon grado quell’incredibile dono: stringendo forte la mano del governatore Hagbison, lo salutò con grande fervore. Quindi la compagnia uscì dalla porta ovest dell’ennesima città, cominciando così una nuova avventura.