“Per quanto riguarda la seconda ragione per cui ti ho fatto venire, dobbiamo attendere che un'altra persona si unisca a noi, prima di affrontare l’argomento. Nel frattempo, hai delle domande da pormi? Ho visto che hai seguito ogni cosa con grande attenzione. Ti prego, chiedi ciò che vuoi. Non avrai forse un’altra occasione per farlo.” Il volto di Eledras era quasi implorante. Apprezzava il rispetto che il giovane Nordhmenn gli dedicava, ma avrebbe voluto barattarne un po ', con un pò di intraprendenza da parte sua. Quasi tutte le carte erano state messe sul tavolo e bisognava superare certi convenevoli, visto che entrambi sapevano ormai tante cose l’uno dell’altro. Il figlio del Duca si rabbuiò. Non perché non avesse domande da porre, ma perché gli sembravano tutte superflue, visto che il suo viaggio rimaneva incerto ancor prima di arrivare a dare il mistico seme al prescelto. I dubbi di Escol riguardavano principalmente la “Setta delle Ombre”, che continuava a braccarlo ovunque si muovesse. Come avrebbe fatto ad arrivare a destinazione, se dietro ogni angolo esisteva la concreta possibilità di finire trucidato da qualcuno dei loro seguaci? Inoltre, Eledras aveva percepito nel tono della sua voce anche un certo astio nei confronti di questa congrega di assassini, visto che era stato a causa del loro veleno che Elwen era appassita, finendo prossima alla morte. Probabilmente non si sarebbe esposta all’estremo sacrificio se quei maledetti non l’avessero avvelenata. Magari si sarebbe limitata ad andare con lui, ad aiutarlo con la sua presenza. Il giovane guerriero riversò tutte le sue ansie, i suoi timori e la sua rabbia sull’elfo mago, che però sembrava rimanere impassibile di fronte al suo dolore, alla sua angoscia. Si limitò a chiudere gli occhi, lentamente, come se stesse elaborando mentalmente le sue parole, oppure, dato il livello di concentrazione che mostrava sul viso, stesse operando uno dei suoi “incantesimi”, come poco prima li aveva definiti. Ad un certo punto, pareva stesse addirittura sussurrando all’etere, come se volesse comunicare con qualcosa o qualcuno di impalpabile, di invisibile. Poi aprì di scatto gli occhi, li alzò verso l’alto ed esclamò: “Bene, vedo che ti sei unito a noi!”. Voltandosi di scatto, Escol notò una figura completamente ammantata di nero, con il cappuccio tirato sul volto: era impossibile scorgerne le fattezze, bardato in quel modo, ma era chiaro che si trattasse di un elfo. “Purtroppo non posso fare le adeguate presentazioni, in quanto costui non ha un nome. Tu comunque lo conosci come il “Maestro o Gran Sacerdote delle Ombre”, signore dell'omonima fratellanza!” Commentò Eledras, con voce atona. Escol non riusciva a credere ai suoi occhi e men che meno alle sue orecchie. Quello era l’elfo scuro che aveva portato alla morte Enwel, che era anche stata tra l’altro una talentuosa discepola amata da Eledras, per come egli ne aveva parlato. Quell’essere, fermo innanzi a loro, era semplicemente un mostro che aveva distrutto intere famiglie, uccidendo centinaia, forse migliaia di innocenti, solo perché qualcuno lo aveva convinto a farlo. Spesso pagando alla Setta anche laute ricompense per raggiungere il prima possibile il proprio obiettivo. Gli occhi di Escol si assottigliarono pericolosamente e fu davvero una fortuna che il giovane non fosse armato, altrimenti quasi sicuramente non sarebbe riuscito a trattenersi e avrebbe fatto qualcosa di molto, molto stupido. Sibilando tra i denti insulti e maledizioni nei confronti dell’elfo scuro, si voltò furioso verso Eledras in attesa di una spiegazione convincente per quell’oltraggio! “Capisco la tua reazione, giovane Nordhmenn, ma adesso devi sforzarti di crescere e mettere i tuoi sentimenti personali da una parte. Concentrati sulla tua missione: c’è il destino di Eord in gioco. So che volevi incontrare il “Maestro delle Ombre” per perorare la tua causa... bene: e' il momento di farlo.” Escol sapeva che probabilmente Eledras aveva ragione, eppure l’odio che provava per quel dannato assassino e mandante di assassini, andava ben oltre la semplice maturità o la consapevolezza dell’importanza estrema del compito che Andor gli aveva assegnato. Quella creatura orribile lo aveva privato di una persona a lui troppo cara, ed Eledras l’aveva adesso condotto lì: quindi era chiaro che avesse rapporti affatto saltuari con lui. Come poteva riuscirci? Come poteva portare nel cuore Enwel e contemporaneamente tollerare colui che l’aveva fatta uccidere, ospitandolo addirittura nella sua casa? Gli sguardi di entrambi gli elfi erano ora incollati a lui. Escol fece più di un respiro profondo prima di iniziare a parlare. Poi affrontò il tema del contratto che gravava sulla sua testa, asserendo che esso non avesse ragione né motivo di esistere, perché lui non aveva mai osteggiato la “Setta delle Ombre”, né aveva mai avuto intenzione di farlo. Fino ad oggi almeno. Pertanto chiedeva se poteva conoscere le accuse che Atham Bedde aveva formulato contro di lui, in maniera che egli potesse confutarle. Una voce, più simile ad un’eco lontano, parve salire alle spalle dell’elfo scuro e la sua sinistra natura fu sufficiente a far accapponare la pelle del giovane figlio del Duca. Fu come se le sue parole salissero su dal regno dei morti. “Perchè pensi che ci sia un’accusa contro di te? Nessuno ti ha mai accusato di niente, nemmeno chi ha stipulato il contratto per la tua morte.” Escol era molto confuso e turbato dalle parole del “Gran Sacerdote”. Se non esistevano criteri specifici per chiedere la morte di una persona, come avrebbe potuto difendersi e provare ad annullare o sospendere il contratto? “Io ho solo stabilito se tu fossi degno del dono della morte. E’ questo quello che faccio. Nulla di più.” Il dono della morte? Escol trasecolò. Come si poteva considerare l’assassinio come qualcosa di quasi sacro, che addirittura potesse essere associato ad “un dono”? “Eppure è così, giovane Nordhmenn. Magari non lo è sempre stato, ma adesso posso garantirti che il “Gran Maestro delle Ombre” ti sta dicendo la verità. “La Setta”, che egli guida, adora la morte, la venera. Solo le persone degne di morire vengono perseguitate fino a che possano alfine giovare di questo privilegio. Se non accetti questa prospettiva, non potrai mai convincerlo a cancellare il contratto di morte siglato con Bedde.” Commentò Eledras, inserendosi di forza nella conversazione. Escol sospirò: stava facendo una fatica immensa per sostenere quel dialogo, senza interromperlo bruscamente e mandare in malora entrambi quegli elfi, cinici e senza alcuna morale. Quindi optò per un approccio diverso, facendo notare al “Maestro delle Ombre” che, a meno che fosse un seguace di Arios, cosa abbastanza difficile da credere vista la sua “amicizia” con Eledras, avrebbe dovuto assolutamente revocare il contratto. Infatti, lui era l’unico che avrebbe potuto riuscire a sovvertire lo status quo, portando il “prescelto” ad uccidere “l’Imperatore Maledetto” e, a meno che non volesse sporcarsi lui stesso le mani, avrebbe fatto bene a non intralciarlo oltre. Entrambi gli elfi ebbero qualche secondo di pausa, riflettendo sulle parole di Escol per differenti ragioni. Quindi il “Gran Sacerdote” fu il primo a replicare: “Ci abbiamo provato, ma l’imperatore è inavvicinabile. Egli è l’unico contratto in essere, che la Setta non è riuscito e probabilmente non riuscirà mai ad onorare. Tu invece potresti avere successo… almeno secondo il parere di Eledras…” Terminò sussurrando l’elfo scuro, con la sua voce tetra che pareva un elogio funebre. “Invero è così e tu sai che ciò che ho detto va oltre il favore che mi devi e per il quale asserisci di essere qui, oggi. Se sei riuscito a tornare a casa, fidandoti di me, puoi credermi anche adesso se ribadisco che questo giovane Nordhmenn potrebbe davvero farcela, se lo aiutiamo con ogni mezzo…” Aggiunse Eledras, calmo. Il cappuccio dell’elfo scuro si mosse per un secondo, spostandosi impercettibilmente dal mago al giovane umano. “E sia. Il contratto di morte viene annullato per giusta causa. Escol Berge, tu non sei degno del dono della morte, non ancora. Le nefandezze della vita ancora ti reclamano e il peso della sofferenza, che l’esistenza stessa trascina con sé attraverso il suo angoscioso percorso, annebbierà ancora il tuo futuro. Con queste parole io sciolgo il contratto. Mi dispiace davvero tanto, giovane Nordhmenn.” Pronunciata questa sentenza, il “Gran sacerdote delle Ombre” sparì, sotto lo sguardo incredulo di Escol. Eppure, qualcosa gli suggeriva che egli aveva udito chiaramente le sue poche parole, bisbigliate ma non trattenute. Quando aveva detto che, nel momento in cui la sua missione fosse finalmente conclusa, dopo che il “prescelto” avesse preso il posto che gli spettava, egli sarebbe andato da lui. L’avrebbe trovato e finalmente l’avrebbe ucciso. Insieme a tutti i sicari della “Setta” che avrebbe incontrato sul suo cammino. Ovviamente l’elfo scuro non aveva potuto rispondere alle sue minacce, ma Escol aveva la sensazione che avesse approvato i suoi intenti e che l’avrebbe atteso, impaziente, nelle ombre. Il rampollo dei Berge, non fu tenero nemmeno con Eledras. Sebbene lo avesse ringraziato per il suo aiuto e si fosse reso conto dell’importanza di quell’incontro, egli non gli perdonava il fatto di riuscire a fraternizzare con una creatura simile, la cui morale e adorazione nei confronti della morte, erano talmente aberranti da avergli stretto il cuore in una morsa gelida e dissoluta. E la cosa peggiore era che nemmeno se n’era accorto. Escol fece un profondo inchino, ma non aggiunse altro prima di andare: i suoi occhi parlavano abbondantemente per lui.
Capitolo 3 - Il Gran Sacerdote delle Ombre.
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- Scritto da Jack Warren
- Categoria: Eord
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