Proprio mentre Escol provava a chiudere gli occhi per riposare giusto un paio d’ore prima che fosse pronta la cena, un giovane elfo (o perlomeno era questo quello che sembrava) venne all'improvviso a destarlo. Sembrava che un’importantissima personalità tra gli elfi, di nome Eledras, avesse chiesto di lui e avesse domandato di incontrarlo il prima possibile. Celador non aveva potuto evitare di disturbare il suo ospite quindi, anche perché Eledras era non solo importante tra gli elfi come politico e diplomatico, ma era anche un grande mago, che vedeva e sapeva cose ai più inconoscibili ed invisibili. Quindi questa sua richiesta rappresentava un grande privilegio per il suo casato, anche se rivolta ad un ospite umano. Escol avrebbe potuto dunque giovare della sua saggezza e del suo consiglio e Celador era certo che quell’incontro avrebbe aiutato più a lui che al grande mago che lo aveva interpellato. Sospirando, il figlio del Duca si spogliò dell’armatura e sistemò il suo affilato spadone accanto alla sedia. Quindi annuì e seguì il giovane paggio elfico fuori dalla stanza e poi all’esterno della tenuta dei Nelothien. Escol rimaneva un passo indietro rispetto alla sua guida e mentre camminavano per le vie della città, non riuscì a non notare la differenza dell’architettura elfica rispetto a quella nanica negli edifici che gli si paravano via via davanti. Snelli, esteticamente curatissimi e costruiti in legno pregiato o alabastro, regalavano un senso di profondità e una finezza artistica davvero incredibili. Il giovane paggio elfico lo portò poi dentro una zona che egli denominò: “Giardini Sacri”, un luogo che rappresentava il simbolo della profonda unione che gli elfi avevano con la natura. Eppure il giovane guerriero Nordhmenn percepiva che c’era dell’altro. Infatti, dal momento in cui aveva messo piede in quell’area di verde incontaminato, si era sentito più leggero e quasi spoglio da ogni preoccupazione. Un senso di benessere e di pace l’avevano subito assalito e, per la prima volta da quando aveva iniziato il suo viaggio dal maniero dei Berge, si sentì in equilibrio con sé stesso. L’elfo lo scortò fino ad un piccolo tempio circolare, aperto sul davanti. Poi si fermò, indicando l’entrata dell’edificio. Escol aguzzò la vista prima di procedere: c’era qualcosa dentro quel piccolo tempio, qualcosa che rimandava dei bagliori argentini costanti, al ritmo di due secondi circa l’uno dall’altro. Come delle onde di energia che venivano in maniera cadenzata sparate fuori, dissolvendosi nell’aria in un uno scoppio di luce biancastra. Il figlio del Duca guardò un'ultima volta la sua guida, che gli sorrise facendogli chiaramente capire che non c’era nulla di pericoloso dentro il tempio. Un pò perplesso, Escol avanzò fino ad entrare nell’edificio, non riuscendo a credere all’incredibile spettacolo che gli si aprì davanti. Un maestoso e meraviglioso albero bianco pulsava di potere mistico: era proprio esso che generava cotanta energia luminosa e quando una delle sue onde lo attraversò, Escol provò una sensazione talmente estatica che non avrebbe più voluto lasciare quel luogo e quella pianta benedetta. Nemmeno notò il biondo elfo, dall’età indefinita, che stava aspettando pazientemente che lui riuscisse a padroneggiare quel momento di esaltazione mistica, assolutamente sconosciuto. Quando l’attimo passò, il figlio del Duca riuscì a mettere finalmente a fuoco la figura dal portamento regale che aveva davanti. Indossava una lunga tunica bianca e i suoi occhi azzurri erano penetranti come un coltello affilato. “Benvenuto Escol Berge, del casato Nordhmenn dei Berge, mi chiamo Eledras e sono molto lieto che tu sia giunto sano e salvo nella citta' di Mathyr.” Escol abbassò leggermente il capo in segno di deferenza, ma non riuscì a proferire parola. Quindi l’elfo sorrise e continuò a parlare: Un cammino oscuro e pieno di sofferenza ti attende giovane Nordhmenn, ma se sarai forte e perseverante potresti riuscire a prevalere…” Aggiunse Eledras, tentando di favorire la conversazione. Tuttavia il figlio del Duca persisteva nel rimanere ancora in silenzio. “... ti ho invitato qui per due ragioni: la prima e' che devo farti un dono, ma prima permettimi di spiegartene la natura cominciando dal principio.” L’elfo iniziò a passeggiare, sfiorando poi con le dita alcune foglie dell’albero bianco, come se volesse rievocare con quel gesto delicato dei ricordi andati perduti nella memoria del tempo. “Su Eord esiste un tipo di magia chiamata “Evocazione”. Essa consiste nel riuscire, tramite dei corretti rituali spesso estremamente difficili da padroneggiare, a richiamare sul piano materiale uno “Spirito Elementale”. Questa essenza eterea, viene poi convinta o forse più spesso costretta, a svolgere uno o più compiti specifici per il mago, prima di essere liberata dal suo vincolo.” Escol rammentava molto bene il “Tomo di Azal” e tutti i pericolosi elementali del fuoco evocati sotto la città di Barakhazdus tramite esso. Pertanto stava seguendo e capendo molto bene ciò di cui l’elfo stava parlando. “Questi “Elementali” altro non sono che una manifestazione fisica degli antichi “Paradine” che, varcando le soglie di questo mondo, non si sono mai incarnati in una forma umana. Rimanendo incastrati tra due piani d’esistenza, quando vengono evocati, essi perdono molta della loro antica volontà e del loro ancor più antico potere.” Incuriosito da quelle strabilianti informazioni, ai più sicuramente sconosciute, Escol cercò di prestare ancor più attenzione alle parole illuminanti di Eledras. Tuttavia l’elfo attese qualche secondo prima di riprendere il suo monologo, come se stesse cercando di far assorbire al giovane umano la portata di questa conoscenza e contemporaneamente aprire al punto del suo discorso. “Per gli Elfi che sono venuti su Eord da un'altro mondo tramite laSeconda Convergenza” invece, è leggermente diverso. Noi non siamo “Evocatori” bensi' “Incanalatori”.” Eledras fece appositamente un’altra intensa pausa, sperando che il suo ospite umano potesse fargli qualche domanda, ma comprese dal suo ostinato silenzio che la conoscenza magica di quel giovane Nordhmenn fosse davvero scarsa. Sospirando affranto quindi, riprese a parlare. “Semplificando al massimo, potrei dire che, per praticare la magia, noi “incanaliamo” l'Energia magica presente nell'etere tramite dei complessi rituali che coinvolgono spesso contemporaneamente gesti, parole e a volte anche componenti materiali. Noi chiamiamo questi rituali: “Incantesimi”. Eledras guardò attentamente Escol, capendo che egli stava seguendo perfettamente il discorso, nonostante non fosse un mago o avesse abilità magiche praticamente nulle. Dalla luce che vedeva guizzare nei suoi occhi, intuì che il ragazzo era molto portato invece per la mistica in generale, solo che per pigrizia non aveva mai stimolato questo suo talento. L’elfo sorrise e si avvicinò di nuovo all’albero bianco, quasi inebriandosi dell’energia che esso sembrava produrre. Chiudendo gli occhi, egli sussurrò: “Questa e' la fonte della nostra “Energia Magica”...” Il mago indicò l'Albero con un gesto misurato della mano. Poi aprì gli occhi e con voce più forte stavolta, aggiunse: “Questi alberi si chiamano “Nemeton”. Essi non sono originari di Eord, ma li abbiamo portati noi Elfi dal nostro mondo. Rappresentano la fonte essenziale del nostro potere. Ogni città, villaggio o infimo borgo qui, nel “Regno degli Elfi”, ha un suo Nemeton. Sarebbe impossibile, per qualunque nostra comunità organizzata, non averne uno a disposizione per realizzare molteplici scopi, di cui “generare energia magica” è probabilmente solo quello più importante.” Escol rifletté su quelle intense parole, ed in effetti realizzò che anche lui, che certamente aveva a che fare poco con la magia, si sentiva decisamente più calmo e tranquillo a ridosso di quell’albero. Più sereno insomma: come se i suoi problemi e le sue responsabilità gravose, fossero più tollerabili a diretto contatto con esso. “Quando un mago finisce il suo apprendistato, puo' richiedere all'albero uno dei suoi semi…” Continuò l’elfo, parlando dell’albero come se fosse una cosa viva e senziente e mostrando il pugno chiuso della mano. Poi, quando fu sicuro che il suo interlocutore umano la stesse osservando, aprì la mano, mostrando all'interno del palmo un piccolo seme bianco. “... questo seme, permette all'usufruitore di mantenere il contatto con gli alberi di Nemeton anche a grandissima distanza…” Il mago continuava a fissarlo, ad indagare in segreto sui suoi pensieri, in attesa di una lecita domanda che però non diede il tempo che avvenisse. Anticipando così la sua risposta, egli esclamò: “Giovane guerriero, tu già ne possiedi uno: e' il dono di Enwel, il suo seme è incastonato nel gioiello che ti ha regalato quando l’hai salvata dagli Okar…” Eledras sospirò tristemente, mentre Escol abbassò per un attimo lo sguardo quando il mago l’aveva nominata. Poi il giovane Nordhmenn rialzò gli occhi fieramente, domandandosi come facesse quell’elfo a sapere dettagli così particolari del suo rapporto con Enwel. “... anche la mia discepola, come me, era dotata del dono della preveggenza, anche se i suoi talenti riguardavano più altre branche della magia. Ella riuscì a vedere, nei suoi sogni più profondi, quanto fosse grande il tuo bisogno di aiuto e quanto importante la tua missione e, negli ultimi giorni della sua vita, decise di donare tutto quello che le rimaneva per esserti di sostegno durante tutta la durata del tuo viaggio.” Escol non poté fare a meno di afferrare il suo ciondolo, ed Eledras in quel momento percepì perfettamente il dolore di quel ragazzo, la sua pesante perdita. Annuendo, attese che tornasse in sé e potesse affrontare il resto della conversazione con lucidità. Il figlio del Duca aveva le labbra secche e la salivazione azzerata. Tuttavia si fece forza e domandò candidamente per chi fosse allora quel seme che Eledras gli aveva mostrato poco prima. L’elfo richiuse di scatto la mano e aggiunse: “Questo seme proteggerà il prescelto dalla magia di Arios il Maledetto. Tu, mio caro, coraggioso giovanotto, non sei l’eletto, ma avrai il compito gravoso di proteggerlo e consigliarlo. Ecco perché è molto importante che tu sia preparato. Che tu conosca la vera storia, la vera natura del tuo nemico…” Eledras, riaprì la mano e lasciò che Escol prendesse il seme. Il giovane sfilò un piccolo sacchetto di pelle dalla sua casacca e ripose il prezioso oggetto all’interno. L’elfo attese pazientemente che egli finisse il suo impacciato tentativo di trovare un posto sufficientemente sicuro per custodirlo e poi con un sorriso commentò: “Ricorda Escol: anche se non sei il prescelto, sulle tue spalle pesa forse il destino di tutti noi. Elfi e umani, nani ed elfi scuri. Tutti noi ci affidiamo a te e tutti noi non possiamo esimerci dall’aiutarti, per quanto possiamo. E quando dico tutti, intendo dire proprio tutti, giovane Nordhmenn.” Il figlio del Duca guardava Eledras senza esser davvero sicuro di aver compreso fino in fondo  quale fosse il senso implicito di quelle parole, ma le accettò e attese con rispetto che egli aggiungesse qualcosa a quel commento. “Come ti dicevo però poco fa, è importante che tu conosca la storia del tuo nemico, ed è quello che farò in questo momento: ti racconterò la storia di Arios, cosicché tu saprai che genere di nemico ti troverai ad affrontare. Sei pronto?” Escol annuì. L’elfo anche annuì. Facendosi improvvisamente serio, disse: “Non molto tempo fa, almeno nel modo in cui noi misuriamo il tempo, quando gli Elfi e l'Impero vivevano ancora in armonia, e le Enclavi degli Elfi erano diffuse in tutto l'Impero, un giovane Norhdmenn, adepto del nobile Ordine, venne da noi per imparare la nostra magia. Ci sembrò benintenzionato, ci disse che voleva diffondere gli “Alberi di Nemeton” per tutto l'Impero, cosa che a noi piacque moltissimo, cosi' decidemmo di insegnargli. Era uno studente brillante e talentuoso nella magia e in anni di duro lavoro divento' l'Incanalatore più potente che io avessi mai visto. Tu conosci quest'uomo con il nome di Arios... quindi egli non e' solo il piu' potente Evocatore su Eord, ma anche uno dei più potenti Incanalatori. Il suo Potere e' dunque enorme. Per questo ti ho fatto dono del “Seme di Nemeton”: il prescelto, chiunque esso sia, se lo porterà con sé,' sara' immune alla magia Elfica dell'Imperatore Maledetto!” Il figlio del Duca aveva gli occhi lucidi, ricolmi finalmente di speranza. Eppure le sorprese non erano ancora finite, perché Eledras aveva in serbo per lui davvero un aiuto inaspettato. Se aiuto quello si poteva chiamare.