Alla fine la sera arrivò e i tre compagni di viaggio decisero di muoversi verso la cittadella. Escol pagò l’oste, che li salutò come al solito con molto calore e simpatia e poi si mise alla testa del gruppo, dirigendosi verso il castello del principe Air Lourge. Il capitano delle guardie, che presidiava la zona, si offrì gentilmente di scortare personalmente i nostri eroi dentro la costruzione, che in parte avevano già visitato quella mattina stessa. La residenza del nobile nano era spartana ma molto solida. Costruita su pianta quadrata, ricordava vagamente un piccolo castello e vantava all’interno parecchie colonne di marmo nero e granito, tipiche degli edifici di nani altolocati, delle scale in pietra levigata che conducevano ai piani superiori e parecchi arazzi di pesante stoffa che abbellivano i marmorei corridoi e le spesse pareti in pietra dal colore amaranto. Il soldato graduato, che stava scortando i tre avventurieri, raccontò che era un guerriero veterano e che aveva combattuto di recente al fianco del principe, ma non pareva affatto stanco o provato dalle fatiche della pugna. Anzi, si muoveva con passo svelto e repentino, tanto che Escol e i suoi amici si stupirono della sua incredibile vitalità. Egli li accompagnò in una grande stanza, dal soffitto basso dal loro punto di vista e nella quale spiccava una lunga tavola imbandita che li stava ansiosamente attendendo. In fondo alla invitante sala da pranzo un allegro fuocherello scoppiettava all’interno di un ampio camino acceso. Nel tepore della stanza un nano, a dire il vero dall’aspetto un pò provato, li stava attendendo a capotavola e li invitò a sedere attorno a lui. Aveva un braccio ferito e fasciato, ma resistette alla tentazione di cedere alla stanchezza per condividere quel pasto con il figlio di un suo vecchio amico. Escol infatti decise di rivelare subito la sua vera identità al principe Air, scusandosi per la sua forse esagerata prudenza, ma sottolineando quanto fosse importante, per lui e i suoi compagni, che i suoi nemici non lo riconoscessero facilmente mentre attraversava queste terre insidiose. Infatti, la setta delle Ombre rappresentava già una spina nel fianco piuttosto opprimente e non c’era dunque bisogno che tutti sapessero le sue vere generalità per far convergere su di lui l’attenzione di altri sgradevoli nemici. Questo era il motivo del suo pseudonimo: quel “Dakkar Astarte” che pareva ormai sulla bocca di tutti. Il principe annuì comprensivo, sottolineando quanto anche lui avrebbe probabilmente usato la stessa strategia, se avesse dovuto spingersi oltre il suo territorio con un compito gravoso sulle spalle come il suo. Lasciandosi poi trasportare dalla conversazione, egli raccontò alcuni dettagli molto interessanti sulla recente battaglia contro gli Okar, evidenziando quanto il Duca si fosse battuto con ardore e come il casato dei Berge avesse onorato l’antico patto tra le razze libere di Eord. Suo padre Helmaer si era poi ritirato con i suoi uomini e i due si erano salutati con il rispetto ed il calore di sempre. Escol aveva le lacrime agli occhi, dicendo con voce rotta quanto sperasse che suo padre un giorno diventasse fiero di lui, ma il principe sorridendo lo rassicurò subito: il Duca era già molto fiero di suo figlio, anche prima di sapere di questa missione così importante che Andor gli aveva affidato. Quindi Escol entrò nei dettagli dei suoi prossimi movimenti, spiegando che l’obiettivo successivo sarebbe stato raggiungere entro due giorni al massimo la città elfica di Mathyr, di cui però egli sapeva poco o niente. Il nobile nano gli fornì allora alcune informazioni a riguardo. Innanzitutto che quella città non era la capitale del regno di Kyath, ma che era comunque un centro urbano molto grande, con più di ventimila abitanti, quindi molto, ma molto più esteso e strutturato di Kizad. Il principe precisò poi che il regno degli elfi era governato in maniera un pò diversa da quello dei nani. Anche gli elfi avevano un re, ma anziché dei principi, nelle città elfiche stanziavano degli emissari, che non avevano alcuna indipendenza decisionale come nel caso dei nobili nani. Essi soggiacevano esclusivamente alle decisioni e agli editti reali e non potevano discostarsi di un millimetro da quest’ultime. I principi nani, come lui, godevano invece di una certa autonomia: essi avevano in alcuni casi estremi potere di vita e di morte sui sudditi del re. Escol annuì, ricordando la sorte toccata al cuoco del principe Nanian, impiccato per alto tradimento nella piazza centrale di Barakazhdus. Tuttavia, era chiaro che, se si doveva prendere una decisione come quella relativa al “Patto dell’Ascia”, quindi particolarmente importante perchè riguardava “tutti” i  clan dei nani, era il monarca che doveva addossarsi sulle spalle oneri ed onori di una simile scelta. Parecchi particolari di quella piacevole chiacchierata con il principe furono molto utili ad Escol, che lo ringraziò per i consigli e l’ospitalità. Tuttavia, prima di ritirarsi, sfinito nelle sue stanze, Air Lourge volle offrire qualcosa in più al figlio del suo amico, chiedendo se poteva fornirgli equipaggiamento e supporti per il viaggio attraverso le terre elfiche. Ovviamente il figlio del Duca accettò di buon grado la generosa offerta del principe. Poi, finito il pasto, con i suoi amici si ritirò anch’egli nelle proprie stanze, evitando di appesantire troppo il suo affaticato ospite. Vala ed il giovane guerriero condivisero una stanza, mente Aemaer, ne ebbe una tutta per lui. Escol si prese cura dell’amica, cambiandole i bendaggi e assicurandole il comodo letto, preferendo per rispetto nei suoi confronti dormire sul pavimento di nuda pietra. La veterana apprezzò parecchio quel gesto, anche se superfluo, e da quella notte di rispettoso distacco, la loro amicizia diventò ancor più forte di prima. Fortunatamente il mattino non tardò ad arrivare, poiché, nonostante fosse protetto da mura amiche, Escol fu assalito quella notte da terribili incubi malauguranti, che non lasciarono riposare il giovane guerriero nemmeno per qualche ora. Qualcosa dentro di lui evidentemente lo spingeva a temere ancor di più il viaggio attraverso le terre degli elfi rispetto a quello dei nani, come se adesso un oscuro presagio aleggiasse prepotente sulle loro teste. Un presagio di morte e sventura. Facendo finta di niente per non condizionare l’umore dei suoi amici, il figlio del Duca svegliò dolcemente Vala e, insieme a lei, si riunì con il grosso Nordhmenn nell’atrio del castello. Dopo una fugace colazione, recuperarono i loro equipaggiamenti e le provviste per il viaggio. Dimostrando tutta la sua generosità, il principe aveva allegato al cibo anche quattro pozioni d’ambra, risollevando così un poco lo spirito del giovane guerriero. Nonostante dunque i numerosi nemici, la loro missione contava anche dei validi alleati e questa semplice consapevolezza rinfrancava e riscaldava davvero il cuore, infondendo energia e coraggio nel piccolo gruppo che si avventurava di nuovo verso l’ignoto.