Escol faticava a riprendere fiato. Il combattimento con l’alchimista guerriera era stato parecchio difficile e solo per miracolo era riuscito a sopraffarla. Il giovane figlio del Duca si era seduto un attimo per riposare, quando percepì un’ombra sinistra alle sue spalle. Una figura incappucciata si stagliava sulla porta del cortile della bottega dove si era appena consumato il combattimento e il rampollo dei Berge pensò subito al peggio. Tirandosi su d’un fiato, sguainò di nuovo la spada, preparandosi ad affrontare quella nuova minaccia. Fortunatamente però, la figura ammantata di nero non era lì per attentare alla sua vita, ma per aiutarlo. Scoprendosi il viso infatti, Andor si rivelò al suo giovane allievo, che sospirò per il sollievo. I due si abbracciarono e poi iniziarono a condividere le loro esperienze degli ultimi giorni. Escol gli raccontò della follia del principe, dell’alchimista che ne era responsabile, del “Patto dell’Ascia” trovato per caso sotto la città, della malattia di Vala e infine del terribile tomo di Azal. Tutte cose che Andor già conosceva, ma che lasciò educatamente raccontare di nuovo dal suo protetto, anche per ascoltare la sua versione dei fatti. Il principe Nanian, con il quale aveva un’amicizia perlomeno decennale, già gli aveva raccontato nel dettaglio quanto coraggioso fosse stato Escol, ma esistevano sempre dettagli trascurati, spesso fondamentali, che, in questo caso, solo il figlio del Duca avrebbe potuto riferirgli. Infatti uno di questi era la presenza inaspettata, sulla scacchiera che aveva minuziosamente preparato, della “Setta Delle Ombre”, di cui Andor non era affatto a conoscenza. Leggendo poi la missiva ritrovata da Escol sul corpo di uno degli elfi scuri, il veterano trasalì. Dopo alcuni secondi di silenzio, raccontò dunque un aneddoto molto strano. Sembrava infatti che qualcuno di sospetto si aggirasse per il maniero dei Berge, motivo per cui era rimasto alla tenuta del Duca per alcuni giorni. Era riuscito ad intercettare uno di questi loschi individui e dopo averlo sopraffatto, aveva trovato anch’egli una missiva che recava delle indicazioni precise. Questa lettera era firmata alla fine semplicemente con una “M” e i due concordarono che potesse trattarsi di Munir, l’unico che aveva assistito almeno in parte alla loro conversazione. Questa missiva riportava alcune informazioni generiche sui futuri movimenti di Escol sul territorio e sul falso nome che avrebbe adottato, Dakkar Astarte, ma la cosa davvero inquietante era che era indirizzata a un tale di nome Atham Bedde. Il noime non diceva niente al veterano, ma il punto inquietante era che questo oscuro personaggio era lo stesso che, nella missiva di Escol, aveva dato indicazioni agli elfi oscuri di ucciderlo nella città dei nani! Inoltre sembrava sicuro a questo punto il collegamento tra quest’uomo, certamente potente e Arios il Maledetto, poiché nella lettera di Andor il riferimento a lui era chiaro. I due dunque decisero di andare ad interrogare l’elfo scuro, prigioniero nelle segrete di Barakhazdus, ma prima Escol fece incetta di pozioni di ambra rossa, così utili a ripristinare il vigore perduto: ne aveva davvero un estremo bisogno! Dopo alcuni minuti, maestro ed allievo, uscirono fianco a fianco dalla bottega dell’alchimista e si diressero senza indugiare alle prigioni. Qui trovarono un elfo scuro, rannicchiato nella sua cella, trasandato e sporco, ma soprattutto all’apparenza irrimediabilmente disperato. Escol guardò un secondo Andor, che lo spronò a farsi avanti e a parlare con il prigioniero. Il giovane figlio del Duca richiamò la sua attenzione e si accorse che l’elfo scuro aveva l’aria dimessa, affranta, come chi avesse la consapevolezza di essere già cibo per i corvi. Egli comunque non si tirò indietro nel rispondere alle domande del rampollo dei Berge, spiegando che la “Fratellanza Ombra”, nella persona del “Gran Sacerdote”, aveva stipulato un contratto con qualcuno che l’aveva convinto che Escol avrebbe dovuto essere assolutamente eliminato. Di più egli non sapeva sull’argomento, se non che la fratellanza non si sarebbe mai fermata finché egli non fosse stato ucciso. Per essa il giovane guerriero era un nemico giurato della setta! A quel punto Escol domandò se questo contratto poteva essere invalidato in qualche modo, visto che egli non era certo un pericolo, né per il popolo elfico, né per la fratellanza stessa. Anzi, i suoi intenti ambivano a tutt’altro, a meno che gli elfi scuri e questa loro specifica setta, fossero dei fervidi sostenitori di Arios il Maledetto e della sua politica insensata contro i popoli liberi di Eord. L’elfo scuro scrollò le spalle e spiegò che solo recandosi alla città di Shalas e convincendo il “Gran Sacerdote” che quel contratto era basato su presupposti fallaci, la sua persecuzione sarebbe stata interrotta. Altrimenti sarebbe stato impossibile per lui sopravvivere a lungo: prima o poi infatti la fratellanza avrebbe avuto la meglio su di lui e sulla sua amica e la sua testa sarebbe certamente caduta! Escol rifletté molto bene sulle possibili soluzioni a quel dilemma mortale. Andor avrebbe dovuto recarsi insieme al principe Nainan dal re dei nani a consegnargli il “Patto dell’Ascia”: documento che tutti speravano avrebbe offerto alla resistenza Nordhmenn un prezioso alleato. Con l’aiuto dei nani infatti, gli umani avrebbero avuto molto più che un sostegno aleatorio, ma una miriade di guerrieri feroci che avrebbero combattuto e sarebbero morti al loro fianco. Era da escludere dunque che il suo mentore avesse potuto deviare da questo fondamentale compito. Tra l’altro, Escol nemmeno avrebbe voluto che lo facesse. Considerando che lui e Vala erano già in ritardo sulla tabella di marcia, al giovane non venne in mente altro che azzardare una decisione disperata: mandare l’elfo scuro stesso a prendere tempo con il “Gran Sacerdote” della fratellanza! Egli infatti era l’unico a conoscere perfettamente quel territorio, a poter scegliere le scorciatoie giuste e a passare oltre non visto, se non avesse voluto, fondendosi con le ombre. Paradossalmente, Escol era convinto che quella fosse la decisione migliore da prendere, viste le circostanze. Poi, a missione terminata, si sarebbe recato personalmente a Shalas per dimostrare di essere un uomo onorevole, di parola e soprattutto non quello a loro descritto da Bedde (sempre che fosse stato lui a siglare questo contratto con la setta). L’elfo scuro però non parve molto convinto di questa soluzione. Intanto perché una volta lasciato libero, sarebbe stato trucidato dalla sua stessa setta alla prima occasione. Poi perché solo Escol avrebbe potuto rivendicare questo “diritto di contestazione contrattuale”. Il figlio del Duca allora provò a proporre un “aggiustamento temporaneo” a questo impedimento: avrebbe cioè scritto una lettera di suo pugno, nella quale avrebbe specificato precisamente il giorno e il mese in cui sarebbe giunto disarmato a Shalas per contestare le false accuse che avevano portato la setta a volerlo morto. Qualunque esse fossero state. Inoltre avrebbe proposto al “Gran Sacerdote” un nuovo contratto, uno molto più ambizioso e importante, se avesse avuto la volontà seria di ascoltare le sue ragioni. Alla fine il prigioniero accettò quest’ultima proposta, ma avvertì comunque Escol che non avrebbe avuto lo stesso grandi possibilità di successo. Sarebbe stato molto probabile anzi, che una volta uscito di prigione, entrambi sarebbero stati perseguitati senza alcuna pietà fino alla morte. Tuttavia al giovane bastò quella promessa, anche se sapeva bene che quell’elfo scuro avrebbe potuto provare ad ucciderlo una volta libero. Probabilmente sarebbe stata per lui l’unica occasione per rimanere in vita un pò più a lungo. Tuttavia ritenne che valeva la pena rischiare. Così, il figlio del Duca e il suo mentore si recarono nella cittadella e andarono a conferire finalmente con il principe Nainan. Escol non vedeva l’ora di parlare con lui e anche di rivedere Vala, che, a questo punto, avrebbe dovuto solo riposare qualche altro giorno per riprendersi del tutto. Presto il loro viaggio sarebbe dunque potuto riprendere!