Escol si trovò catapultato in uno scenario folle e sanguinoso. Il “Tempio”, altro non era che un alternarsi caotico di stanze ed ambienti, spesso comunicanti tramite passaggi segreti e condotti invisibili, che riportavano spesso al punto di partenza o comunque in altri vani che non avevano una connessione logica apparente tra di loro. Il giovane figlio del Duca, non stentava a credere dunque, che coloro che erano scesi ad esplorare questo labirinto della follia, tanto antico quanto mistico, fossero poi impazziti. Ci volle tutto il suo addestramento nell’Ordine per rimanere sempre lucido, vedere ciò che normalmente l’occhio non addestrato non avrebbe mai scorto e farsi trovare pronto a cospetto delle numerose, mortali trappole e guardiani, che da subito si trovò ad affrontare. In alcune di quelle stanze infatti erano stati messi dei meccanismi per uccidere i malcapitati visitatori, spesso nella maniera più orribile che si potesse pensare. Tuttavia fu nelle creature che vagavano per quelle stanze che Escol rinvenne il vero pericolo per la sua vita. Si trattava infatti di “elementali del fuoco” o piccole creature evocabili tramite il quarto cerchio, molto pericolose e vincolate da molti anni a difendere quel luogo. La lunga spada del figlio del Duca fu impegnata diverse volte per fronteggiare quelle creature soprannaturali e fu solo grazie alle pozioni che Thrakad gli aveva donato e che fornivano un’energia vitale suppletiva, che era alfine sopravvissuto. Eliminati i guardiani, alcune stanze sottolineavano chiaramente il passaggio dei nani esploratori, mostrando pezzi del loro equipaggiamento e inquietanti scritte sui muri. “Kather è stato qui”, recitava sinistramente una di esse. Alcuni ambienti erano davvero strani e particolari, come per esempio quello dello specchio. Esso mostrava la sua immagine riflessa, che però si muoveva autonomamente da lui. Come un altro sé stesso, incastrato dall’altra parte dello specchio senza alcuna via d’uscita. Il suo riflesso l’aveva richiamato più volte quando gli era passato davanti, ma Escol aveva fatto finta di niente, ignorandolo prima di finire per impazzire. Quello specchio e ciò che aveva visto al suo interno, li avrebbe ricordati per sempre nei suoi incubi peggiori. Oppure la sala in cui aveva trovato degli scheletri di alcuni nani appesi a delle catene arrugginite e penzolanti. Escol non riuscì a capire se si trattava dei nani esploratori o di altri nani di un’epoca più lontana, poiché da un certo punto in poi della sua esplorazione, dovette affrontare proprio dei nani che sembravano privi di senno. L’ultimo di essi poi, il loro capo, fu un avversario davvero duro da abbattere. Munito di un poderoso martello, egli quasi lo aveva sconfitto. Ancora una volta, fu solo grazie alle pozioni dell’alchimista che era riuscito a farcela, ferito e spossato come mai ricordava di esser stato in vita sua. L’ultima stanza infine, nascondeva anch’essa uno sgabuzzino segreto, all’interno del quale Escol aveva rinvenuto due cose importanti: una pergamena vergata in lingua nanica, nella quale solo il titolo era stato tradotto in comune e che recitava qualcosa come “Il patto dell’Ascia” e un tomo del quarto cerchio, che egli identificò come il libro che l’alchimista bramava, intitolato il Libro di Azal. Questi ritrovamenti chiarirono le ultime due cose ancora in sospeso nella testa di Escol. La prima era relativa al “patto dell’ascia”, che doveva essere ciò che il mandante del suo omicidio sperava che lui non trovasse qui sotto. E la seconda, che Thrakad aveva davvero avvelenato di proposito Vala, per spingerlo ad andare a recuperare questo prezioso libro per lei. Non c’era alcun bisogno di un tomo alchemico, antico e potente, per guarire la sua amica: l’alchimista conosceva molto bene la cura e non era nulla di “genetico” come aveva forzatamente sostenuto, ma qualcosa che lei stessa aveva provocato, volutamente. Ora però lui doveva trovare il modo per costringerla a curare la sua amica senza però doverle dare in cambio quel volume di magia, così raro e soprattutto così pericoloso. Non avendo dimostrato affatto equilibrio nelle sue scelte, farle dono di un artefatto così potente, poteva, anzi, rappresentava certamente una scelta sbagliata. Mentre usciva da quel folle insieme di stanze, messe tutte lì, apparentemente senza uno schema razionale, Escol iniziò ad escogitare un piano credibile, che potesse salvare la vita a Vala senza dover cedere al deprecabile ricatto di Thrakad. Aveva trovato lungo il suo cammino esplorativo anche dei preziosi molto antichi, che stava pensando di sacrificare per il bene della sua amica. Alla fine, gli era stato insegnato che il denaro non poteva, né doveva mai valere più di una vita. Ma c’era prima una cosa che doveva fare, prima di andare a mercanteggiare con lei: visitare Rani, il saggio di cui Vala aveva parlato molto bene. Forse l’unico buon contatto rimasto per lui in tutta Barhakazdus. Egli avrebbe appreso in questo modo di cosa parlasse “Il patto dell’Ascia”. Così, poi, avrebbe potuto desumere perché qualcuno aveva voluto ucciderlo per impedirgli di metterci le mani sopra. A quel punto, sarebbe stato consapevole di quali “strumenti” avrebbe potuto disporre per rendere lo “scambio” con la vita di Vala più appetibile per l’alchimista, ed il principe, ammesso che anch’egli fosse colluso con lei. Mentre risaliva le scale, ammaccato e stanco, pensò di raccogliere un sacco nel retrobottega dell’armeria e mettere lì dentro tutti gli ori e i preziosi ritrovati durante l’esplorazione. Così fece, nascondendo invece il libro e la pergamena nello zaino, facendo ad essi spazio, rimuovendo alcune provviste. Quando uscì dal retrobottega, entrambi i nani si stupirono nel vederlo tornare così presto: per loro infatti erano passati appena pochi minuti! Tuttavia, vedendolo ferito e malconcio, non pensarono nemmeno per un attimo che le sue spiegazioni fossero menzogne. Escol assunse l’atteggiamento più sofferente che conosceva, pregando Thrinain di attendere un paio d’ore prima di tornare dal principe e dall’alchimista. Il capitano, probabilmente apprezzando il coraggio e la tempra del giovane guerriero, gli concesse quel tempo, che il figlio del Duca aveva intenzione di investire con il saggio Rani. Non aveva più intenzione di giocare senza conoscere le regole, voleva scoprire la verità!