Escol era inorridito. Che significava “una malattia molto difficile da curare”? Come poteva averla contratta Vala? E perchè era esplosa proprio in quel momento? L’alchimista provò a dare alcune spiegazioni in merito, ma a dire il vero non fu molto convincente. Sosteneva che tutti i nativi di Barakhazdus avevano una piccolissima probabilità di rendere manifesta tale latente malattia nei loro corpi, che, una volta esplosa, portava purtroppo alla morte entro poche ore. A meno che si usasse una particolare ricetta, contenuta in un antico tomo alchemico, andato perduto sotto la città vecchia. Escol teneva Vala tra le braccia quando quasi ordinò alla nana di parlare chiaro, ed in fretta, su cosa doveva fare per salvarla. Se esisteva una cura e se questa cura era contenuta in un libro nascosto, lui avrebbe fatto il possibile per recuperarlo. Aveva già perso una persona cara e non voleva certo seppellirne un’altra. Allorché l’alchimista aprì il discorso sul “Tempio” nella città vecchia e quando il principe cercò di controbattere che non c’era nessun tempio a Barakhazdus, Thrakad gli rispose quasi infastidita, asserendo che se non avessero curato la giovane Vala, in poche ore sarebbe morta e questa notizia, assai spiacevole, avrebbe creato ripercussioni terribili sul commercio e sulla prosperità della città. Quale mercante infatti avrebbe voluto trattare con una popolazione malata e potenzialmente contagiosa? Il principe dunque tacque, ma pretese il giuramento del silenzio da parte di Escol, poiché la conoscenza di un’antica città sotterranea sotto Barakhazdus, avrebbe portato sciami di avventurieri senza onore sul posto, creando caos e disordini senza fine. Escol annuì senza aggiungere una parola. Affidò dunque la vita della sua compagna alle cure dell’alchimista e seguì il capitano della guardia dei nani, che l’avrebbe accompagnato all’entrata più vicina di suddetto perduto “Tempio”. Tuttavia, sia il principe che il capitano, misero da subito in allerta il figlio del Duca. Alcuni nani esploratori, infatti, erano già scesi negli ultimi anni nella città vecchia con l’intento di esplorarla, ma non avevano più fatto ritorno. Sembrava fossero impazziti nel girovagare laggiù, tra segreti indicibili e creature feroci. Tuttavia, nemmeno queste parole ammonitrici fecero desistere Escol dal voler salvare la vita della sua amica. Lei gli aveva evitato una morte certa con gli elfi scuri e lui avrebbe fatto altrettanto con la sua malattia. Solo che c’erano alcune cose che non gli quadravano. La prima era proprio il manifestarsi improvviso di questo supposto “male genetico”. La seconda era la veemenza con cui Thrakad aveva insistito affinché lui si recasse laggiù, andando perfino contro la volontà del suo principe. Forse le due cose erano correlate. Forse esisteva un legame tra queste due “stranezze” che aveva percepito. Un collegamento che ancora gli sfuggiva, ma che sentiva chiaramente aleggiare sopra il destino suo e di Vala. Ben presto il capitano lo condusse nei pressi di una bottega. Un’armeria per la precisione. Attese qualche secondo, poi un nano di nome Kheli si presentò e cordialmente domandò cosa potesse fare per loro. Quando il capitano domandò dell’accesso per il “Tempio”, Kheli provò a fare orecchie da mercante, ma quando  Thrinain lo guardò con il fuoco negli occhi, egli li scortò a malincuore nel retrobottega senza aggiungere una parola. Qui, una rampa di scale scendeva giù, da qualche parte verso l’ignoto, nel buio più profondo. Escol sospirò, poi accese una torcia. Quindi salutò il capitano e coraggiosamente si infilò in quel tetro passaggio che sprofondava fin nelle viscere della terra. Il giovane figlio del Duca ebbe da subito la sensazione che ci fosse qualcosa di innaturale in quell’oscuro condotto: una sorta di latente maleficio che permeava ogni cosa in questi sconosciuti sotterranei e quando mise piede in una stanza di pietra, capì anche il perchè. Tutto infatti divenne via via chiaro. Gli intenti di Thrakad soprattutto. Man mano che procedeva oltre, Escol capì che l’alchimista aveva ordito un piano diabolico, avvelenando di proposito la sua amica per costringere lui a scendere in quel dannato “Tempio”. Inoltre l’aveva fatto non per mettere le mani su un tomo alchemico, ma su uno di grande potere magico, a giudicare delle creature che egli trovò a difesa di quell’antico sapere e che probabilmente avevano spinto alla follia i nani esploratori che erano scesi per provare a recuperarlo. Questo cambiava di molto le carte in tavola, come Escol avrebbe scoperto sulla propria pelle, alla fine della sua avventura.