Il capitano dei nani e la sua scorta, accompagnarono Escol e Vala al posto di guardia. Qui rimasero per una buona mezz'ora in attesa di ordini. Dal canto loro, i due avventurieri pensavano di subire un interrogatorio da parte del capitano, non quello che stava per accadere. Infatti il gendarme riferì loro che siffatte spiegazioni, circa il loro comportamento della sera passata, avrebbero dovuto presentarle direttamente al principe Nainan . Egli infatti desiderava interrogarli personalmente e dunque così avrebbero fatto. Vala storse la bocca, ma cercò di dissimularlo fingendo uno sbadiglio, mentre il giovane figlio del Duca sembrò perplesso e preoccupato a sentire quanto riferito dal nano, ma anch’egli non lo diede a vedere. Sfoggiando invece un ampio sorriso, fece segno alla guardia di procedere, poiché avrebbero dovuto ripartire quanto prima. Il drappello di nani scortò dunque i due compagni presso l’edificio reale, nel quartiere Nord Ovest della città. Passarono un’ampia navata, ed entrarono in una struttura di solida roccia e colonne svettanti di granito scuro, abbellita da decorazioni tipiche del linguaggio e della cultura dei nani. Due della scorta si fermarono poi davanti un’altra navata, più grande di quella che era presente all’entrata, fronteggiandosi l’un l’altra, ed attendendo che i due ospiti passassero davanti i loro cupi sguardi. Il capitano e le altre due guardie invece procedettero oltre, continuando a scortare i nostri eroi nella grande sala del trono. Qui un nano relativamente giovane sedeva comodamente su un ampio scranno. Ad un suo cenno della mano, il capitano si fermò e subito i due soldati si affrettarono ad uscire dall’ampia sala. Altri soldati stanziavano nello spoglio ma granitico salone, presidiando e pronti a difendere il loro signore. Il capitano Thrinain a quel punto esclamò: “Mio signore, come da te richiesto, ecco gli stranieri. Sono venuti spontaneamente e senza resistenza.” Il principe annuì. Poi , dopo una pausa intensa commentò: “Mi è giunta voce che avete causato alcuni disordini per le vie della città questa notte. E’ forse vero?” Escol fece un passo avanti, anticipando così la risposta velenosa di Vala, che già si era visibilmente innervosita. Aprendo le mani e sfoggiando un caldo sorriso, replicò calmo: “Mio signore, non abbiamo causato alcun disordine. Nulla perlomeno che fosse inevitabile per salvare le nostre vite…”. Il principe inarcò un sopracciglio, domandando di approfondire in fretta questo punto. Escol chiese se poteva avvicinarsi di qualche passo per mostrargli la sua spada, ancora ben legata dal capitano all’entrata della città. Cosa che Nainan poté subito confermare. Con questo gesto Escol provò a certificare la sua innocenza, facendo vedere al principe che egli non solo non aveva cercato lo scontro con gli elfi scuri (scontro che si guardò bene dal negare), ma che aveva fatto di tutto per non spargere il loro sangue inutilmente. “Eppure i cadaveri degli elfi giacevano sulla strada, prima che io li facessi rimuovere…”, obiettò il nobile nano con un sorriso sghembo. A quel punto Vala mostrò la sua spada, affatto legata con uno spago, ed ammise di averli uccisi lei, per legittima difesa. Storcendo palesemente la bocca, a quel punto il principe si vide costretto a domandarle perché degli elfi oscuri volessero le loro teste. Ancora una volta Escol si intromise tra l’amica e il principe, mostrandogli le due lettere che aveva ricevuto ultimamente: quella che aveva portato all’agguato degli elfi scuri e quella che aveva trovato nelle tasche del sicario. Quando il principe apprese del “Tempio”, della setta chiamata “Ombra” e della necessità di impedire ad ogni costo che quel giovane “Nordhmenn” lui non arrivasse mai lì, cambiò letteralmente umore, innervosendosi in un modo oltremodo sospetto. Il dignitario nano, battendo più volte il pugno sugli intarsiati braccioli dello scranno, sottolineò con accanimento come nella sua città non esistesse alcun antico “Tempio” da visitare e tantomeno depredare, ed Escol si mostrò assolutamente d’accordo con lui. Infatti il giovane guerriero rincuorò subito il principe, ribadendo che non aveva assolutamente tempo da perdere che visitare un “Tempio” che, tra l’altro, non esisteva nemmeno. Rivelò che i suoi affari lo portavano ad est e che erano piuttosto urgenti. Sollevato dalle sue parole, il principe stava dando l’ordine di sciogliere l’udienza e di far accompagnare i suoi ospiti fuori, quando Vala iniziò a tossire e a contorcersi dal dolore. Il panico si creò ben presto nella grande sala del trono, con Escol che accorse in suo soccorso, ma invano. Vala stava morendo tra le sue braccia e lui non poteva fare niente. Si limitò a farle bere un pò della pozione d’ambra, nella speranza che la aiutasse a riprendersi come aveva fatto con lui, ma non sembrava bastasse. Le labbra della giovane stavano rapidamente diventando viola, la pelle biancastra e le vene scure come la pece. Urlando di chiamare subito un’alchimista, Escol convinse il principe ad obbedirgli e così dopo qualche minuto di intensa angoscia, Thrakad fu portata a cospetto del principe. Aveva un aspetto trafelato, ma nei suoi occhi c'era qualcosa di strano che il figlio del Duca, lì per lì, non riuscì ad identificare con chiarezza. Era come se nascondesse una malcelata consapevolezza. Si chinò su di lei e la esaminò per poi emettere un’impietosa diagnosi: Vala aveva contratto la famosa malattia del “dente del serpente”, un brutto male per avvelenamento che era molto difficile riuscire a curare! Le cose si mettevano male dunque per la veterana guerriera Vala Mal Doran.