L’eco attufato di una voce femminile, arrivò alle orecchie di Escol, riportandolo indietro dall’oblio senza ritorno nel quale era sprofondato. Ci mise qualche secondo per metterla a fuoco: si trattava di una donna muscolosa ma snella: certamente una veterana di mille battaglie. Una guerriera. Ella disse di chiamarsi Vala e negli ultimi cruciali minuti si era prodigata a fermare le diverse emorragie che egli aveva riportato durante la battaglia contro gli elfi scuri. Vala gli tirò su la testa e gli fece bere una pozione, chiamata Pozione d’Ambra, che rinvigorì immediatamente il suo corpo e richiuse parzialmente le sue ferite. Poi lo aiutò ad alzarsi, ed Escol poté notare i cadaveri dei suoi assalitori, massacrati in mezzo al vicolo dalla spada della guerriera. Escol aveva nella mente almeno un milione di domande da porle, ma lei lo zittì immediatamente poiché non erano affatto fuori pericolo. Pertanto il figlio del Duca propose di tornare nella sua stanza alla locanda, così che avrebbero potuto parlare e riposare relativamente al sicuro. Così fecero. Vala sostenne Escol fin dentro la sua stanza, cercando di dare il meno possibile nell’occhio. Poi lo mise a letto e vegliò su di lui per tutto il resto della notte. Quando si destò, nella tarda mattinata del giorno dopo, si sentiva molto meglio: le ferite erano quasi sparite del tutto e per quanto la pozione di Vala fosse davvero miracolosa, Escol “sentiva”che era stato qualche altro elemento esterno ad aiutarlo a guarire così in fretta, nello specifico: il suo prezioso medaglione elfico! Doveva assolutamente saperne di più su di esso, ma prima volle confrontarsi con la giovane guerriera che gli aveva salvato la vita. Innanzitutto, ella ammise che era stata proprio lei a tenerlo d’occhio dentro la locanda e poi fuori, nel cortile sotto la sua stanza, ma ovviamente rimarcò che non c’entrava niente con la lettera che lo invitava a recarsi ai cancelli est della città e tantomeno con le sue aggressioni. Vala riferì che era stato Andor a inviarla sulle sue tracce, ingaggiandola per aiutarlo a compiere la sua missione. Si era basata sulla descrizione fisica che il maestro d’arme le aveva fatto di lui e affermò che non era a conoscenza del suo ormai sdoganato pseudonimo. Fortunatamente per lui, l’aveva visto uscire dalla locanda e l’aveva seguito giusto in tempo per salvargli la vita. Quindi il messaggio sulla sua scrivania era una trappola! Ma escogitata da chi? E perchè chi aveva messi quel pezzo di pergamena nella sua stanza per indurlo ad uscire, non l’aveva fatto secco direttamente nelle sue stanze? Quando era entrato, il messaggio non c’era: era sicuro di questo. Un vero mistero. Inoltre il mandante era a conoscenza di tutto e per quel che ne poteva sapere solo due persone potevano esserlo: Andor e Munir. Gli unici che pochi giorni prima avevano discusso con lui i dettagli della sua missione segreta, che rappresentava anche la sua prova per diventare guerriero dell’Ordine. Vala scosse la testa. Impossibile che Andor volesse ucciderlo. Che senso avrebbe avuto inviarla per proteggerlo, se invece bramava ucciderlo? Un depistaggio per ambire ad obiettivi politici? Francamente pareva un pensiero un pò troppo complottista. Restava Munir, ma oggettivamente Escol non riusciva a credere che il principale servitore dei Berge, colui che l’aveva allevato in assenza di suo padre, potesse essere un traditore. Inavvertitamente, il giovane aveva estratto dalla tasca il sigillo degli elfi scuri, mentre parlava con Vala: fu un gesto istintivo, non se ne accorse nemmeno. Tuttavia, la guerriera fece invece caso a ciò che aveva in mano e non ne fu affatto contenta. Si trattava infatti dello stemma di una nota e losca setta di elfi oscuri, chiamata “Le Ombre”. Una branca separata ed indipendente, dedita agli assassinii e ai rapimenti, in special modo di tipo “religioso”. Di più Vala non sapeva riguardo l’argomento. Eppure era convinta che essi fossero in qualche modo collegati al messaggio trovato sul corpo del primo assalitore. Soprattutto alla parte che parlava del “Tempio”. Lei era sicura che non c’erano templi a Barakhazdus, ma forse qualche sapiente del posto poteva saperne di più. Escol annuì e domandò a Vala se conosceva un negozio di alchimisti da queste parti. Vala disse che aveva la persona giusta per lui. Poi i due si prepararono e scesero al piano terra della locanda. Fecero colazione e pagarono il dovuto all’oste. Quindi uscirono finalmente all’aria aperta e raggiunsero la bottega di Thrakad La nana alchimista, che offrì il proprio aiuto ad Escol e alla sua amica, si dimostrò essere una vera sapiente. Oltre ad offrire informazioni sul ciondolo di Escol, spiegandone le incredibili capacità curative nel suo caso, fornì ad entrambe tre pozioni d’Ambra, che erano state tanto utili al giovane figlio del Duca per recuperare dalle ferite in così poco tempo. Certo, il medaglione che portava al collo aveva di molto amplificato il suo processo di guarigione, ma la pozione gli aveva comunque salvato la vita. La nana però aggiunse che informazioni specifiche su quell’incredibile artefatto che gli era stato donato, poteva fornirle solo un elfo chiaro di alto lignaggio. Vala domandò poi alla cortese nana informazioni su un fantomatico “Tempio” in città e l’alchimista riportò a riguardo solo informazioni di ordine generale: la città di Barakhazdus era stata costruita sui resti di una città molto più antica. Probabilmente sotto questa città, esistevano ancora gli antichi resti di quella precedente e forse quel “Tempio” si riferiva a una struttura ancora in piedi, ma seppellita da qualche parte al di sotto di Barakhazdus. In ogni caso, Escol era tutto fuorché curioso o motivato ad andarsi a ficcare di nuovo in una trappola. Lui non aveva affatto intenzione di recarsi in un posto misterioso e pericoloso, quando la sua missione nemmeno lo prevedeva. Chiunque avesse ordito il suo assassinio, pensava evidentemente che egli avrebbe dovuto recarsi laggiù pere svolgere qualche compito a lui ignoto. O forse aveva solo voluto sfruttare il fanatismo religioso delle Ombre per commissionare il suo omicidio. In entrambi i casi, il figlio del Duca non aveva la benché minima voglia di scoprire la verità. Vala scrollò le spalle. Il suo unico compito era quello di proteggerlo, pertanto avrebbe fatto qualunque cosa egli avesse deciso a riguardo. Salutarono dunque l’alchimista e tornarono in strada. Prima che potessero uscire dalla città però, una pattuglia di nani li intercettò, asserendo che il governatore della città voleva parlare con loro circa alcuni fatti strani accaduti la notte passata. Pareva infatti che alcuni elfi scuri morti fossero stati trovati per i vicoli della città e che c’era chi giurava di averli visti sgattaiolare nell’ombra lì vicino. Escol guardò per un attimo Vala e, notando la sua riluttanza a seguire quella pattuglia, le domandò tosto il perché. Loro, alla fine, erano innocenti. “Non mi piace il Principe di Barakhazdus. E’ soltanto un avido figlio di puttana!” Commentò la giovane guerriera, mentre si accingeva con grande reticenza ad accompagnare il figlio del Duca al posto di guardia. Così iniziava un altro splendido giorno<< nella città dei nani. Escol non sapeva più che cosa pensare, se non che non vedeva l’ora di andar via di lì il prima possibile.