Escol si trovava nelle sue stanze, all’interno della casa della sua famiglia adottiva, quando un messo elfico lo richiamò riferendogli che uno strano messaggero era giunto da lontano per vederlo e che avrebbe dovuto subito recarsi presso il Tempio ad incontrarlo. Un po confuso, il figlio del Duca indossò qualcosa di decente e seguì l’elfo, che pazientemente era rimasto ad aspettarlo fuori dalla casa di Malcom. I due attraversarono l'enclave elfica, che si rivelò essere sorprendentemente grande, più simile ad una piccola cittadella, ed anche se costantemente sotto assedio, riusciva a garantire a chi ospitava: rifugio, cibo e una vita degna di esser vissuta. Escol arrivò al Tempio e subito incontrò Volker che lo accolse con cortesia e un pizzico di trepidazione. Poi gli presentò il viaggiatore, che tosto si girò verso di lui, scoprendosi il volto e lasciando il giovane Berge strabiliato. Si trattava di Celador, fratello di Elwen! Escol rimase senza parole! Celador si era fatto mezzo mondo, aveva affrontato mille rischi e pericoli per giungere da lui. Ora però era curioso di scoprire il perché. Il fratello di Elwen non lo fece attendere: si scoprì la pesante cappa e gli mostrò, sfilandola da sotto, un’arma che lui ben conosceva: la spada della sua famiglia! La sua spada! Il figlio del Duca rimase a bocca aperta per diversi secondi. Guardava la lucente lama ricurva e poi il volto dell’elfo, a stento riuscì a domandargli come diavolo poteva essere possibile. Celador spiegò molto semplicemente che quella era da sempre la spada della sua casata. Una spada magica che, quando perduta o smarrita dal suo possessore, tornava sempre nella stanza segreta dove Escol l’aveva presa. Quindi, quando lui l’aveva scagliata contro l’imperatore maledetto, con il chiaro intento di ucciderlo, non era rimasta nelle sue sale dimenticata per sempre, magari insozzata dal tocco nefasto di Arios, ma era tornata a casa sua, seguendo un fortissimo e magico legame di sangue. Come qualcuno che si era perso tra i vicoli di una sconosciuta città, che preferiva ritornare sulla via maestra per raccapezzarsi un poco di più sulla direzione giusta da prendere. Escol lo guardò intensamente prima di tornare a brandirla. Il suo cuore esplodeva di gioia. Poi ringraziò Celador e lo invitò ad unirsi al suo gruppo, che molto presto sarebbe partito per una missione importante nelle miniere a sud. Il fratello di Enwel gli sorrise cortese, ma commentò che dopo la morte di Eledras, egli era stato invitato dal suo popolo a sostituirlo perlomeno nei suoi compiti istituzionali. Si sbrigò a spiegare che nessuno sarebbe mai riuscito a sostituirne il valore inestimabile dal punto di vista mistico o legato alla sua infinita saggezza, ma aggiunse che lui si sarebbe impegnato al massimo perlomeno per colmare parzialmente l’enorme voragine che egli aveva lasciato a livello di rappresentanza politica e istituzionale. Escol annuì e si fece andar bene quella risposta, poi si rivolse al comandante Volker, riferendogli che aveva intenzione di partire l’indomani mattina alle prime luci dell’alba. Confrontandosi poi con il capitano Krispin. spiegò che aveva necessità di un’armatura per l’occasione. Qualcosa che non desse troppo nell’occhio. Colui che comandava sul Tempio assecondò la sua richiesta, spiegando che avrebbe fornito all’intera squadra delle armature imperiali, scudo ed elmo. Quindi il figlio del Duca chiamò a raccolta il capitano Krispin, Stee, Eofaulf, Alarien e la loro guida: il nano Slanter, avvisandoli che sarebbero partiti l’indomani di buona lena. Nessuno obiettò, anche se il nano rimaneva piuttosto perplesso sull’itinerario che avrebbero dovuto compiere. Poi Escol si ritirò nelle sue stanze, parlò brevemente di ciò che avrebbe dovuto fare con la sua famiglia (salvare i nani dalla schiavitù e dalla sofferenza) e poi iniziò a sistemare il suo equipaggiamento. Nessuno dei suoi cari aggiunse nulla, anche se gli occhi preoccupati di Liss parlavano da soli. La mattina presto, il figlio del Duca si svegliò, indossò la sua armatura, si legò bene la spada al fianco, afferrò lo scudo e l’elmo e poi raggiunse i suoi compagni fuori dal Tempio. Krispin si mise in testa al gruppo, dirigendosi verso la parte più periferica della città. Qui raggiunse un’apertura che dava a dei sotterranei, delle catacombe per la precisione. Un intricato e contorto dedalo di vie e viottoli tutti uguali, che si intersecavano continuamente per chilometri e che solo in pochi conoscevano e in cui sapevano destreggiarsi. Escol prese a segnare ogni muro con un coltello (la prudenza non era mai troppa), ma dopo diverse ore di cammino la lama del pugnale si era quasi rotta a furia di graffiare le pareti, tante se n’erano lasciate alle spalle! Finalmente arrivarono ad un vicolo cieco, che però il capitano indicò come via d’uscita. Aggrottando le sopracciglia, Escol cercava di capire cosa l’elfo volesse suggerire. Poi Krispin, dopo aver estratto un medaglione e mormorato alcune incomprensibili frasi, attraversò il muro a passo deciso come fosse fatto di burro e tutti gli altri, un pò perplessi, lo seguirono da presso. Il velo della magia di occultamento fu dunque squarciato, portando la compagnia all’interno della caverna dove giorni prima era stata salvata la famiglia di Escol. Il giovane Nordhmenn rimase stupito da quanto questo incantesimo di camuffamento della realtà sembrasse reale, ma tastando la parete resto’ ancora piu’ stupefatto: dopo il loro passaggio essa era tornata tosto ad essere di solida roccia! Da quel punto in poi Slanter prese la testa del gruppo ed iniziò a guidarli tra le colline circostanti, attraverso irti sentieri e scartando abilmente potenziali sguardi indiscreti di eventuali, sporadici esploratori imperiali. Ben presto si trovarono fuori dall’occhio del ciclone e poterono accamparsi per la notte, relativamente sicuri di non esser seguiti. Escol fece come sempre il primo turno di guardia e tutto filò liscio senza problemi. Tuttavia, quando fu sostituito da Eofaulf e poté finalmente dormire un po', un sogno o forse una visione inquietante lo tennero invece sveglio e vigile per diversi minuti. Si trattava di una specie di “deja vu” dello scontro che aveva avuto con l’imperatore, sei mesi prima. Arios giaceva seduto sul suo trono di alabastro, sopra l’erta scalinata che Escol conosceva molto bene. Il figlio del Duca si trovava sui gradini che conducevano allo scranno dell’imperatore maledetto e in una mano brandiva Enwel. Ai suoi lati, c’erano Hilda ed Enwel. Tuttavia esistevano dei dettagli strani che egli aveva notato nel sogno: l’uomo che brandiva la spada non era davvero lui, ma qualcun altro! Aveva il suo aspetto, questo si, ma il figlio del Duca aveva la certezza che, al di là di quello, si trattava di un’altra persona. Inoltre coloro che accompagnavano quell’uomo, sebbeno fossero proprio le sue amiche, erano parecchio più avanti con gli anni .Sembravano almeno vent’anni più anziane! Escol si svegliò con la luce del sole che riscaldava il suo volto e si aspettò di alzarsi più stanco di prima, ma fortunatamente non fu così. Si destò riposato come mai rammentava di esser stato da quel maledetto giorno in cui si era scontrato con Arios! Pieno di energie, si preparò per affrontare un altro duro giorno di marcia. Anche quest'ultimo passò però senza problemi e quando il gruppo trovò un riparo per la notte, di nuovo il giovane Berge tornò a fare lo stesso sogno della sera prima. Solo adesso con qualche significativa differenza. Arios era sempre nello stesso punto e lui stava sempre salendo verso di lui per quella maledetta scalinata. Solo che ora Escol era certo che fosse proprio lui e non qualcun altro! Inoltre, invece di impugnare Enwel, aveva tra le mani un enorme spadone rosso come il sangue! Al suo fianco c’erano ancora le sue compagne, ma erano giovani. Perlomeno Hilda era giovane: Enwel era un’elfa, quindi la sua vera età rimaneva un mistero. Tuttavia presumeva che anche la sacerdotessa del “Fondatore” fosse più giovane di almeno venti anni. La gigantesca spada che agitava innanzi a sé doveva essere certamente la famosa e letale spada, forgiata dai Wraith in un’epoca ormai dimenticata, che riusciva ad uccidere persino i Paradine! Anche questa volta Escol si svegliò in perfetta forma, riposato e tranquillo. Questi due sogni si alternavano di continuo ogni quattro giorni con altri due sogni, che presumibilmente rappresentavano l’esito degli scontri precedenti. Come finale del primo sogno, tutti risultavano morti dopo lo scontro. Compreso Arios. Il finale dell’altro invece, raccontava di Arios letteralmente tagliato in due dalla poderosa lama cremisi, con tutti gli altri invece sopravvissuti alla terribile battaglia. Escol decise di non parlare ancora di questi suoi sogni o visioni con nessuno dei suoi amici. Poi quando il settimo giorno di marcia iniziò, Slanter mise tutti di fronte ad una scelta: proseguire per il mortale sentiero che attraversava le montagne, oppure entrare alle miniere direttamente da sud. Escol non pensava di affrontare di nuovo questo argomento, ma il nano pareva terrorizzato e quindi decise che valeva la pena aprire di nuovo il discorso durante il bivacco che antecedeva la partenza per la fase due della missione. Questa infatti poteva essere una decisione che poteva condizionare la vita e la morte dell’intero gruppo.