Pur essendo il primo giorno di primavera, era ancora una mattina fredda nel ducato dei Berge. Il cielo terso e il sole pallido non avevano avuto ancora la forza di liberare le terre del Duca Helmaer III dalla morsa dell’inverno. E da quella degli Okar. Le terribili creature che abitavano nel nord delle terre selvagge avevano infatti deciso di sfruttare quegli ultimi giorni di clima, rigido ed inospitale, per calare dalle terre ghiacciate e razziare i territori dei nani, confinanti proprio con quelli dei Berge. Così, il Duca aveva inviato, insieme alle altre casate Northmen, esiliate nelle terre selvagge, un contingente cospicuo di uomini, per difendere i propri confini ma anche per onorare un’alleanza che andava avanti da molti anni. Elfi, Nani e Northmen esiliati, rappresentavano l’unico vero baluardo contro l’Orda. E contro l’impero, ma questo non si poteva affermare apertamente. Escol, figlio del Duca, viveva con ansia e tensione questi momenti, temendo per la vita del padre e degli uomini che lo servivano e che lo avevano visto crescere. A dispetto della sua giovane età, Escol. era già un abile combattente e segretamente faceva parte, insieme a suo padre Helmaer, dell’Ordine. Quest’ultima, un tempo braccio armato e dispensatore di giustizia dell’impero, era diventata oggi un’organizzazione segreta, votata a combattere in prima battuta chi riteneva la causa del disfacimento sociale e culturale dell’impero negli ultimi due secoli: l’imperatore Arios, “il maledetto”, che l’aveva bandita e ripudiata. Proprio per questo motivo, ben più importante della minaccia degli Okar, Escol non era partito per la pugna con suo padre. Egli aspettava il suo maestro e mentore, poiché era arrivato per lui il momento di sostenere la prova che lo avrebbe reso finalmente un guerriero dell’Ordine. Mentre stava consumando il suo pasto, perso in mille pensieri, qualcuno bussò alla sua porta. “Avanti…” Disse Escol “Chiedo scusa milord, volevo avvertirvi che mastro Andor è arrivato al maniero…” A parlare era stato Munir, uomo di fiducia del Duca e quindi anche del suo giovane figlio. “Fallo immediatamente accomodare…” Replicò Escol visibilmente eccitato, alzandosi prontamente dalla sedia ove era seduto per desinare. Il servitore annuì, ritirandosi oltre la porta. Escol sapeva bene che prima o poi quel giorno sarebbe giunto e che il suo mentore sarebbe arrivato per iniziarlo alla prova del guerriero dell’Ordine, ma il tarlo che forse aveva rinunciato a troppe cose importanti per sperare di ottenere quello status, continuava a rodergli il cervello. Non essere stato al fianco di suo padre, infatti, era un onere molto pesante da sopportare e il giovane sperava vivamente che ne fosse valsa la pena. Allievo e maestro si incontrarono così in una delle sale tattiche del maniero dei Berge e, dopo aver fatto servire dell’ottimo liquore corroborante per mettere a proprio agio l’illustre ospite, Escol ordinò a Munir di non essere disturbato fino a sera, quando sarebbe stata servita la cena. Andor era un tipo fiero e determinato, dallo sguardo penetrante e dai tratti marcati. I suoi capelli, non più completamente biondi, sottolineavano che ne aveva vissute di cose problematiche e pericolose durante l’arco della sua vita e sapeva dunque come affrontarle. Tutto il contrario del giovane figlio del Duca Helmaer III, il cui carattere gioviale e curioso e la sua scarsa esperienza, spesso solevano infilarlo in guai piuttosto seri. Eppure il suo coraggio e la sua determinazione erano pari a quelle di suo padre, mentre da sua madre, purtroppo scomparsa durante una scorribanda degli Okar nel territorio dei Berge tre primavere prima, aveva imparato il discernimento e la clemenza. Queste sue doti erano ben note al suo mentore che, dopo aver terminato con i convenevoli, venne subito al punto e gli riferì cosa si aspettava che lui facesse per conto dell’Ordine. Se Andor certamente credeva che lui potesse svolgere quel compito, Escol non riusciva a realizzare che egli potesse avergli chiesto una cosa del genere! In pratica, dopo aver affrontato un viaggio di circa venticinque giorni nel territorio di nani ed elfi, egli avrebbe dovuto raggiungere la città di Flutovund al confine con l’impero. Lì avrebbe dovuto cercare la locanda del Cavallo Alato e parlare con un oste di nome Athard, al quale avrebbe dovuto chiedere di un mercante di nome Gionas Mar Jon e rivolgersi a lui come Alchor. A quel punto sarebbe entrato nelle grazie del mercante, anche lui appartenente all’Ordine, che si aspettava fosse contattato da qualcuno in questo modo, ed iniziare la seconda parte del viaggio. Lo scopo finale era raggiungere Victor Astarte: il più grande generale al servizio dell’imperatore e prendere in consegna un ragazzo di nome Kail, che sembrava fosse cruciale per i piani dell’Ordine. Ora, già sarebbe stato parecchio difficile riuscire a superare le scorribande degli Okar, piuttosto frequenti in questo periodo nella zona, ma sperare di raggiungere, in pieno territorio dell’impero, il maniero del famoso generale Astarte e rapire o liberare questo ragazzo, sembrò al giovane Berge impresa quasi impossibile. Andor gli domandò di restare calmo e di dirgli se e quando lui avesse mai parlato di rapire o liberare qualcuno. Munir, presente in alcune delle loro fitte e alle volte animate conversazioni, sorrise in questo caso all’obiezione del maestro d’armi. Il generale Astarte era infatti segretamente una preziosa risorsa, assolutamente in linea con i piani dei Maestri interni all’Ordine stesso. Non si sarebbe opposto dunque alla presa in carico del ragazzo, anzi, Escol sarebbe stato da lui aiutato in ogni modo possibile, a patto che non avesse compromesso la sua segretezza. Il figlio del Duca trasecolò e faticò non poco ad assorbire le nuove informazioni del suo mentore. “Astarte un segreto alleato dell’Ordine?” Assurdo, pensò tra sé il giovane. Tuttavia, alla fine fu costretto ad accoglierle, anche se con un sospiro preoccupato. Andor comprese ciò che gli passava per la testa, la pericolosità ed il peso della crucialità della sua missione, ma con determinazione affermò che se avesse dubitato di lui anche solo per un attimo, non sarebbe giunto qui, attraversando mezzo mondo. Alla fine Escol annuì, fece preparare una stanza per il suo ospite, ed il giorno dopo, all’alba, con il suo cavallo migliore, si imbarcò in questo fondamentale compito: un obiettivo che, se centrato, l’avrebbe ammesso finalmente tra i guerrieri dell’Ordine e avrebbe potuto porre la prima pietra per rovesciare definitivamente Arios “il maledetto” e il suo impero di terrore e soggiogamento. Prima tappa: raggiungere la città dei nani di Barakhazdus, dopodiché seguire la mappa che Andor gli aveva fornito con tutto l’itinerario segnato per bene sulla pergamena. Nel suo cuore, il giovane Escol aveva sì preoccupazione, ma anche tante aspettative positive. Aspettative che, se avesse avuto successo, l’avrebbero reso un vero e proprio eroe di Eord!